A mio parere in una categoria così sofisticata come la MotoGP è difficile che uno stesso pneumatico possa andar bene su moto dalle caratteristiche spesso profondamente differenti sia nella ciclistica che nelle caratteristiche di erogazione del motore.
Qualcuno potrebbe obiettare che anche la Formula 1 ha dovuto “adeguarsi” ad un regolamento così restrittivo ma, anche se parliamo della massima espressione tecnologica nei rispettivi campi, vi sono delle profonde differenze nelle sollecitazioni cui vengono assoggettati gli pneumatici a partire dalla enorme differenza dell’impronta a terra proseguendo con l’influenza dell’aerodinamica e l’influenza notevole, sulla moto, delle caratteristiche morfologiche e di guida del pilota tanto che a volte alcuni piloti hanno difficoltà anche nel portare alla giusta temperatura di esercizio gli pneumatici (leggi i problemi di Pedrosa).
E, a riprova di questa mia convinzione, vorrei ricordare che i problemi della Ducati iniziarono proprio con l’istituzione del regolamento “monogomma”; con l’applicazione di questa norma la Bridgestone dovette costruire gomme che andassero bene per tutti o quasi ed ecco che la Ducati, che faceva della diversità tecnica (telaio, motore portante, motore Desmo V90°) la sua identità, risultò la più penalizzata. E’ un fatto che dopo il 2007 la Ducati non ha vinto più un mondiale e nello stesso periodo 3 mondiali li ha vinti solo la Yamaha, la meno potente, mentre la Ducati ha alternato con il solo Stoner strepitose vittorie con rovinose cadute e l’Honda credo abbia perso il conto dei telai sviluppati per “accordarsi” agli pneumatici.
Potrebbe dimostrare la fondatezza di questa teoria il fatto paradossale che una moto (la Ducati) definita “brutale” va fortissimo sul bagnato (già dai tempi di Stoner e Rossi); difficile spiegarne i motivi: probabilmente è in maggiore sintonia con gli pneumatici rain oppure gli assetti e la guida più “dolce” richiesti sul bagnato sollecitano diversamente gli pneumatici.
Insomma da una decina d’anni siamo passati da una situazione in cui gli pneumatici venivano adattati al pilota o alla moto alla realtà di oggi in cui devono essere le moto ad adattarsi agli pneumatici: ALLA FACCIA DEL RISPARMIO.
Probabilmente all’epoca la Ducati commise tre errori: ingaggiare un pilota che, seppure fosse un Top Rider (Rossi), avrebbe dovuto adattarsi ad una moto che comunque non sarebbe mai stata una Yamaha; accettare la squadra di Burgess che non aveva nessuna esperienza su una moto così particolare come la Ducati, e forse la stessa Ducati che in effetti non aveva alle spalle una esperienza sullo sviluppo di un telaio in fibra di carbonio.
Per porre rimedio la Ducati esonerò Preziosi e, dopo un breve periodo interlocutorio, ingaggiò Dall’Igna che portava con sé l’esperienza di una diversa scuola telaistica. Ed oggi vediamo i risultati di queste decisioni con Dovizioso contendere il titolo al talentuoso Marquez e la sua Honda, il colosso giapponese, forse il costruttore più vincente di tutti i tempi.
Oggi, cambiato il fornitore del monogomma (Michelin), la storia si ripete: dopo un periodo di assestamento durante il quale tutti hanno sofferto la novità, è la Yamaha a pagare le conseguenze della “politica” della monofornitura.