Tra il 1973 ed il 2001 abbiamo vissuto l’epopea delle “tremende” 500 2 tempi; poi arrivò il regolamento MotoGP che ne vietò l’uso.
Oggi, assistendo alle gare della MotoGP 4 tempi “addomesticate” da una invadente ed evoluta elettronica, molti appassionati di questo sport sono portati a rimpiangere le 500 2 tempi. Considerato che dalla nascita del campionato mondiale fino al 2002 le regole federali non imponevano un ciclo specifico di funzionamento, viene da chiedersi chi sia stato ad introdurre il 2 tempi nella massima categoria.
La risposta immediata è quasi sempre la stessa, la Yamaha con la OW 20 del 1973 affidata a Jarno Saarinen.
Infatti fino agli anni ’70 la tecnologia del 2 tempi non veniva considerata adeguata alle grosse cilindrate.
In realtà la Yamaha fu preceduta in assoluto dalla svedese Husqvarna che introdusse il due tempi nella categoria 500 GP nel 1968, dalle giapponesi Kawasaki e Suzuki rispettivamente nel 1970 e 1971 e dalla tedesca Konig nel 1972. Le due moto europee si identificarono con il loro pilota: lo svedese Bo Granath per la prima e il neozelandese Kim Newcombe per la seconda. Una fugace presenza di una 500 due tempi da GP fu assicurata anche dalla meno nota svedese Monark che calcò l’asfalto delle le piste nel 1973.
HUSQVARNA
La moto fu sviluppata dal pilota Bo Granath in collaborazione con il Reparto Corse della casa svedese con la consulenza del progettista Ruben Helmin. Il bicilindrico Husqvarna prometteva bene, soprattutto perché la moto era molto leggera, meno di 120kg e sviluppava una sessantina di cavalli. Al debutto, al GP di Spagna a Jarama del 1968, mantenne a lungo il terzo posto fino a che l’accensione Bosch la costrinse al ritiro. Il motore nasceva dall’accoppiamento di due cilindri della 250 da cross modificati per il raffreddamento ad acqua, ed era montato su un telaio da cross adattato. Nei due anni successivi, 1969 e 1970, Granath si faceva vedere spesso nelle prime posizioni ma l’affidabilità della moto era molto scarsa. Nel 1971 il motore fu modificato derivandolo dal nuovo motore da cross montato su un telaio realizzato dallo specialista Seeley. Il 1972 fu l’anno migliore con la quinta posizione finale in campionato frutto di due terzi posti; negli anni successivi Granath continuò da solo a sviluppare la moto fino al 1976. Il motore nella sua ultima versione erogava una potenza di circa 65 CV a 8500 giri/min.
KAWASAKI 500 H1R
Nell’inverno 1969 la Kawasaki presentò la 500 H1R, sostanzialmente una versione da competizione della 500 H1, destinata ai piloti privati. Il motore della H1R utilizzava moltissime componenti di quello stradale da cui derivava, pur con sensibili modifiche. Il telaio era il punto debole infatti alla fine del 1970 fu presentata la versione aggiornata H1RA, senza però ottenere miglioramenti apprezzabili. L’esordio sportivo della “H1R” avvenne in occasione della 200 Miglia di Daytona, nel febbraio del 1970 affidata all’esperto pilota neozelandese Ginger Molloy.
Costruita in una cinquantina di esemplari, la carriera agonistica della Kawasaki 500 H1R nel Motomondiale ebbe vita breve, limitatamente alle stagioni 1970 e 1971.
Ricordiamo che la prima Kawasaki 500 da gran premio, precedente all’uscita della “H1R”, venne realizzata dall’appassionato milanese Achille Rossi che, nel 1969, allestì una moto sulla base di una normale H1, facendo elaborare il motore dal tecnico tedesco Peter Dürr e affidando la costruzione del telaio allo specialista milanese Stelio Belletti.
SUZUKI T500 Daytona
Tra il 1971 ed il 1973 anche la Suzuki sviluppò un modello da competizione derivato dalla bicilindrica Titan di serie e la fece debuttare nelle competizioni USA. Nel 1971 un team ufficiale Suzuki si recò alla 200 miglia di Daytona, ma la prestazione fu deludente. Nel campionato del mondo di quell’anno, alcuni Titan Daytona gareggiarono con piloti ingaggiati da importatori europei. In assenza della MV di Giacomo Agostini Jack Findlay vinse il Gran Premio dell’Ulster risultando il primo pilota a vincere un GP della classe 500 in sella ad una 2T. Alla fine del campionato 1971, le Titan dell’inglese Thurner, l’olandese Bron, e l’australiano Findlay erano al secondo, terzo e quinto posto, rispettivamente nella classifica generale. In seguito fu approntato un motore con raffreddamento ad acqua, cambio a sei marce e frizione a secco.
Nel 1972 Findlay, in collaborazione con il tecnico dei freni Daniele Fontana, realizzò la JADA con motore Suzuki e telaio realizzato, anche qui, da Belletti.
KONIG
L’originale motore di questa GP era nato per l’impiego in campo motonautico dove aveva riscosso grande successo e che aveva trovato applicazione anche in campo sidecar. Era un interessante quattro cilindri quadro (alesaggio e corsa 54 x 54 mm) boxer 2 tempi raffreddato ad acqua con ammissione a disco rotante (un solo disco collocato sul dorso del carter in grado di servire tutti e quattro i cilindri!) con cambio separato collegato tramite una trasmissione primaria a catena. L’albero motore era disposto trasversalmente ovvero con due cilindri rivolti in avanti e gli altri due all’indietro, uno schema che la MV nel 1976 tenterà di riprodurre in chiave 4 tempi.
La potenza, non dichiarata, era sicuramente superiore a quella della MV che però vantava una migliore erogazione.
Il tradizionale telaio in tubi beneficiava della migliore componentistica disponibile sul mercato.
La moto, affidata al pilota Kim Newcombe, un tecnico in forze alla casa tedesca, gareggiò nel biennio 1972/73 e fu estremamente competitiva, in grado di rivaleggiare con i mezzi ufficiali nel periodo in cui alla guida delle MV Agusta che spopolavano c’erano Giacomo Agostini e Phil Read, che si laurearono Campioni del Mondo rispettivamente nel 1972 e nel 1973.
Nel 1973, l’anno della scomparsa di Saarinen che nel frattempo aveva portato al debutto la Yamaha 500 2T, Newcombe si piazzò al secondo posto nella classifica del mondiale alle spalle di Read e davanti ad Agostini, ma non potette godere di questo prestigioso risultato (ricordiamo che sostanzialmente, nonostante l’appoggio della Konig, era un privato) perché morì il 14 agosto di quello stesso anno a seguito delle ferite riportate a Silverstone qualche giorno prima nel corso di una gara non titolata. Il suo piazzamento fu frutto di un secondo posto, due terzi, due quarti ed un quinto oltre la vittoria al GP di Jugoslavia favorita in verità dall’assenza dei top rider che contestarono la pericolosità del circuito di Abbazia. Newcombe era nato a Nelson (Nuova Zelanda) il 2 gennaio del 1944. L’avventura della Konig si interruppe con la morte di Newcombe che era stato la vera anima del progetto.
MONARK
Questo marchio svedese, ormai sconosciuto ai più, ha un passato glorioso specialmente nel fuoristrada. Le origini risalgono al 1913 quando nacque con il marchio Esse. Il nome fu poi cambiato in Monark nel 1927. La Monark è sopravvissuta fino agli anni ’70 ma con l’avvento dei due tempi giapponesi fu costretta a cessare l’attività nel 1975. Non prima però di essersi avventurata, nel 1973, nel mondo dei GP fornendo il proprio appoggio alla realizzazione di una 500 da GP 2 tempi ideata da Rudi Kurth, famoso per le proprie realizzazioni nel campo dei sidecar.
Di questa Monark da GP non si conosce molto.
Rudi Kurth, diede vita a questo progetto partendo da un motore marino Crescent che aveva già utilizzato nel suo sidecar del 1968, un 3 cilindri fronte marcia collocato in posizione orizzontale. Il telaio era costituito da un unico tubo rettangolare, l’altezza della moto era paragonabile a quella di una 50 ed il peso era di 100 Kg. La base di partenza sembrava buona ma dopo un anno appena il progetto fu abbandonato, forse per i problemi della Monark che finanziava il progetto. La Monark 500 GP fu portata in gara anche da Ermanno Giuliano, noto anche come collaudatore Ducati; nel 1974 la portò in gara nel campionato italiano classificandosi al 7° posto; in quello stesso anno partecipò anche a qualche gara del Mondiale.
In verità una moto con questa denominazione fu preceduta già dal 1969 da una omonima meno famosa accomunata dalla base motoristica di partenza, il tre cilindri due tempi della Crescent; fu il pilota svedese Billy Andersson a portarla in gara, con scarsissimi risultati, al TT e ai GP di Belgio e Finlandia. La rivedremo in pista due anni dopo, nel 1971 al GP di Svezia, dove il pilota Morgan Radberg la porta, pur doppiato, ad un onorevole settimo posto precedendo il connazionale Granath con la Husqvarna. Poi, nel 1973, arriverà la realizzazione di Rudi Kurth.