Nei primi anni ’70 del secolo appena trascorso, con l’avvento della Honda 750, fu coniato il termine maximoto con il quale si intendeva identificare tutte le moto stradali con cilindrata superiore ai 650cc.
In verità il mercato già offriva delle moto da 750cc, prevalentemente inglesi e tedesche, ma queste o erano obsolete, con caratteristiche meccaniche risalenti addirittura a progetti anteguerra, o erano delle 650 maggiorate e comunque nessuna offriva le preziosità tecniche della 4 cilindri giapponese.
Forse l’unica moto già presente sul mercato che poteva contrapporsi alla Honda era la Laverda 750, una moderna bicilindrica con distribuzione monoalbero in testa.
Questo termine fu coniato per distinguere questa nuova categoria di moto da quella delle “moto pesanti” che convenzionalmente comprendeva le moto con cilindrata compresa tra i 500cc ed i 650/750cc.
Poi, per contrastare l’enorme successo della Honda, incominciò la corsa alla cilindrata. Una delle prime fu la Kawasaki che, abbandonate le tremende 3 cilindri 2 tempi, mise in campo la poderosa 900 Z1, ma la prima che toccò la fatidica soglia dei 1000cc fu la Laverda con la possente 3 C (3 cilindri), che in seguito arriverà a sfiorare la soglia dei 1200cc.
Un primo prototipo,con distribuzione monoalbero, venne presentato al Salone di Milano del 1969, ma la sua versione definitiva sarà pronta solo alla fine del 1971 per entrare in produzione nella primavera del 1972.
I dati tecnici erano eccezionali per l’epoca: il 3 cilindri bialbero erogava circa 80CV che consentivano di superare i 200 Km/h con una accelerazione da 0 a 100 Km/h i meno di 5 secondi.
L’estetica era tipicamente italiana.
La moto italiana, che evolverà nelle versioni Jota ed RGS, si distinguerà anche nelle gare Endurance.