La storia di una moto che gareggiò una sola volta.
Nel 1971 veniva messa in produzione la bellissima MV Agusta 750 Sport, la prima sportiva europea a quattro cilindri degli anni ’70, gli anni delle maxi moto.
Il 23 aprile 1972, sulla scia del successo della Daytona 200, si disputava la prima edizione della 200 Miglia di Imola.
Nella lista degli iscritti erano presenti le più importanti case costruttrici europee: Ducati, Moto Guzzi, Triumph, Norton, BMW, Laverda.
I piloti erano tutti di rango internazionale: Spaggiari, Giuliano, Smart, Duscombe, Brambilla, Madracci, Findlay, Walter Villa, Percy Tait, Phil Read, Peter Williams, Dähne, Butenuch, Augusto Brettoni. Dagli Stati Uniti arrivava il recente vincitore della Daytona 200, l’americano Don Emde, con una Norton Gus Kuhn.
E infine Giacomo Agostini e la sua MV Agusta derivata dalla 750 Sport.
Per la prima volta dallo storico ritiro alla fine del 1957 tre squadre ufficiali italiane si affrontavano in una competizione internazionale.
Ma, mentre Ducati e Moto Guzzi potevano contare su mezzi competitivi, la stessa cosa non poteva dirsi della MV Agusta il cui progetto di base risaliva alla metà degli anni’60 essendo infatti derivata dalla 600 del 1967 le cui origini motoristiche risalivano al 500 4 cilindri da Gran Prix dei primi anni ’60.
La 750 S era infatti era una moto pesante e la sua velocità massima era oggetto di vivaci discussioni in quanto nei test delle riviste specializzate i 225 km/h dichiarati apparivano alquanto ottimistici.
Tutti punti sui quali si poteva intervenire, ma il principale handicap della 750 Sport era la trasmissione finale ad albero cardanico, notoriamente non adeguata ad un uso agonistico e che purtroppo il regolamento tecnico della 200 miglia non consentiva di modificare.
Nonostante questi handicap la MV, su insistenza dell’organizzatore Francesco Costa che voleva assicurarsi una massiccia presenza di pubblico attraverso il richiamo di un marchio mitico come quello di Cascina Costa, decise di partecipare alla gara.
E così appena un mese prima della gara, il reparto corse ebbe via libera; nel poco tempo a disposizione furono approntate due moto per un brevissimo test (più che altro uno shake-down) sull’aerautodromo di Modena.
Nel rispetto dei regolamenti il motore fu profondamene modificato specialmente nella testata e negli organi di distribuzione; in tal modo la potenza passò da 69 ad 85 CV a 9.000/10.000 giri/min.
Cambio e trasmissione finale invece rimasero conformi al modello di serie, come da regolamento. Per ridurre il peso venne eliminata l’ingombrante dinamo di derivazione automobilistica.
Ma la moto aveva un altro punto debole nel telaio che, con soli tre punti di ancoraggio del motore, a causa delle sollecitazioni della maggiore potenza e della guida in pista tendeva a torcere.
A questo handicap però la MV aveva il rimedio già pronto in casa perché in precedenza era stato realizzato un telaio, ispirato a quello della 3 cilindri da Gran Premio, per il prototipo della nuova 750 (forse la 4 valvole che non vide mai la luce).
La ciclistica veniva completata con freni Ceriani della 500 GP, forcella e ammortizzatori Ceriani, cerchi Borrani.
Alla fine il peso passò da 235 a 190 kg.
Le due moto furono affidate ai piloti ufficiali Giacomo Agostini e Alberto Pagani.
Ma dopo cinque anni di autentico dominio nei Gran Premi con la MV, Agostini dovette confrontarsi con la realtà di una conclamata inferiorità tecnica.
Infatti nelle qualifiche non riuscì ad andare oltre il quarto posto, dietro alle Ducati di Smart e Spaggiari e alla Kawasaki di Dave Simmonds, che però non prese il via per problemi a un pistone.
Ma non era importante la posizione quanto il distacco; infatti Agostini risultò più lento di Smart di ben tre secondi al giro mentre Pagani pativa addirittura un ritardo di sei secondi; poi la moto di Pagani dopo appena nove giri in prova fu costretta a fermarsi per un guasto e a quel punto, il team decise di concentrarsi sulla moto Ago. Pagani fu ritirato dalla competizione e alla fine Agostini riuscì a guadagnare la prima fila sullo schieramento.
Al via Agostini ebbe uno scatto fulmineo e rimase in testa per 5 giri fino a quando fu superato dalla coppia della Ducati e incominciò gradualmente a perdere terreno finchè al 40° giro, quando era in fase di rimonta e si era riportato a soli 8 secondi dal leader, la moto incominciò a fumare per fermarsi del tutto al 42° dei 62 giri in programma.
Ufficialmente il ritiro di Ago fu imputato a un problema di valvole, ma poi si scoprì che la causa vera era l’allentamento di una delle viti che mantenevano in sede un albero a camme.
Come unica consolazione la MV 750 Imola ottenne il miglior giro in gara con il tempo di 1’52 “1, alla media di 161,116 km/h, migliorando di più di 2 secondi il tempo della pole position!
La delusione era evidente ma dalle parole dell’ingegnere Pietro Bertola – all’epoca direttore del Reparto Corse – traspariva la volontà di dar seguito all’avventura della 750 Sport: “Non siamo venuti a Imola per vincere ma semplicemente per mostrare la nostra sportività nel prendere parte a una competizione così importante e per fare esperienza. Questa categoria rappresenta una novità per noi, ma sono certo che entro poco tempo raggiungeremo la competitività necessaria”.
Ma quella previsione non si avverò mai perché si profilava all’orizzonte la minaccia nipponica; infatti l’anno dopo, nel 1973, la Yamaha presentava la sua 4 cilindri 2 tempi che con Saarinen avrebbe certamente conquistato il titolo al primo tentativo se non si fosse verificata la tragedia di Monza dove persero la vita il finlandese e Pasolini.
Pertanto l’attività del reparto corse fu concentrata sulle moto da Gran Premio.
Prima di prendere questa drastica decisione Arturo Magni aveva realizzato un prototipo della 750 con la trasmissione finale a catena, una coppia di freni a disco Scarab da 280mm e, probabilmente, una testata a 4 valvole. Queste modifiche, che portarono ad una riduzione del peso di circa 6 Kg, consentirono a Pagani di abbassare di circa 4 secondi il suo tempo sul giro nel corso di un test sul circuito di Misano agli inizi del 1973.
In seguito la modifica diventò parte di un kit di trasformazione che Magni stesso commercializzò con il proprio marchio dopo la definitiva chiusura del reparto corse MV, avvenuta nel 1976.
Quel prototipo fu abbandonato e finì nella collezione di MV Agusta ufficiali che furono acquistate dal Team Obsolete che ne affidò la cura a Roberto Gallina. Ci fu anche un tentativo di riportare la 750 in pista con l’intenzione di farla gareggiare a Daytona nel marzo del 1987 ma purtroppo non fu allestita in tempo.
Da allora la 750 Sport che ha partecipato alla prima edizione della 200 miglia di Imola è diventata un pregiatissimo pezzo da museo.