Ovvero: in che misura e perché il colpo di stato in Argentina indusse la crisi dell’industria motociclistica italiana?
Negli anni ’50, in pieno boom motociclistico internazionale, l’attività di molte case motociclistiche italiane era a dir poco euforica. In particolare la Gilera riuscì a stabilire buoni rapporti diplomatici con il generale Peron con il quale vennero gettate le basi che porteranno nel 1954 alla costituzione della “Gilera Argentina”. Purtroppo proprio in Argentina il figlio Ferruccio (25 marzo 1930 – 9 ottobre 1956), erede designato al timone aziendale, contrarrà una malattia tropicale che lo porterà, appena ventiseienne, alla morte. In quegli anni anche la FIAT aveva pensato di insediarsi in Argentina perché vigeva un clima politico/economico che favoriva l’iniziativa imprenditoriale privata.
Sulla scia della Gilera anche altri costruttori, tra cui citiamo la Alpino, la Itom, la Rumi e la Sertum, stabiliranno importanti accordi commerciali con l’Argentina del generale Peron. La Rumi si aggiudicò infatti una importante fornitura di macchine tessili; ricordiamo infatti che l’azienda orobica prima che costruttore di motociclette era in origine produttore di eliche e periscopi e che nel primo dopoguerra si era dedicata alla produzione di macchinari per l’industria alimentare, per l’industria cinematografica e per quella tessile.
Anche le aziende del gruppo Orsi, proprietari della Maserati, ottennero di poter esportare in argentina le loro rinomate macchine utensili e fu creata allo scopo la società “Maserati Argentina”. Un secondo obiettivo era quello di insediare uno stabilimento di motociclette in Sud America (ricordo che una divisione del gruppo Orsi costruiva motociclette a marchio Maserati) ma questo progetto non andò in porto.
Purtroppo ben presto quasi tutte queste fabbriche vennero coinvolte in pesanti dissesti finanziari, causati dagli sconvolgimenti politici in Argentina quando, nel 1955, il governo Peron fu destituito con un colpo di stato iniziato il 16 giugno con il bombardamento della Casa Rosada, la residenza presidenziale.
Il nuovo governo non volle onorare gli impegni presi dal governo destituito e la cosa costò agli imprenditori italiani la perdita di ingenti forniture spesso già consegnate e mai pagate o comunque giacenti in magazzino pronte per la consegna. E le aziende si trovarono in pesanti deficit di liquidità.
La Ducati si salvò da questo tracollo (almeno da questo!) perché con una operazione similare si orientò verso la Spagna, come d’altronde altre case italiane quali Moto Guzzi, Mondial, MV, Piaggio ed Innocenti, incentivate forse dai piani di sviluppo elaborati dalla new age del regime franchista in materia di produzione industriale. E nacque la Mototrans, la Ducati spagnola.
Poi, nei primi anni sessanta, sopraggiunse la crisi comune a tutta l’industria motociclistica italiana: la contrazione del mercato dovuta all’avvento dell’auto utilitaria e una certa staticità di idee accompagnata da una certa riluttanza all’innovazione, soprattutto verso criteri manageriali moderni quali le ricerche di mercato e le pubbliche relazioni e, principalmente, la richiesta di motociclette non più utilitarie votate al trasporto individuale ma da utilizzarsi per motivi di viaggio e di svago. Di questi ultimi aspetti sapranno farsi buoni interpreti i costruttori giapponesi, altro che copioni. Queste vicende porteranno alla chiusura di alcune aziende, tra cui appunto la Rumi, o all’incorporazione in grossi gruppi industriali, come nel caso della Gilera che venne assorbita dalla Piaggio, o a faticosi percorsi di rilancio che porteranno comunque ad un cambiamento radicale dell’assetto societario delle varie aziende coinvolte nella crisi argentina. Gli Orsi cedettero inizialmente la divisione macchine utensili alla svizzera Oerlikon e successivamente la Maserati alla Citroen, oltre a dover interrompere l’attività agonistica che l’aveva vista impegnata in Formula 1 e nella categoria Sport/Prototipi con ottimi risultati.