Intorno agli anni ’30, con l’inizio delle corse su circuito chiuso, veniva meno la necessità di avere il meccanico a bordo; di conseguenza i costruttori realizzarono vetture con il solo posto del pilota posizionato sull’asse longitudinale della macchina ottenendo il duplice effetto di ridurre la sezione frontale e di centrare il peso del pilota. Di fatto questa evoluzione ha portato le monoposto a essere le autovetture da competizione per eccellenza tra cui si annoverano anche, ovviamente, le moderne vetture da Formula 1.
La prima monoposto da Gran Premio è stata la FIAT 806 Spinto Corsa del 1927, conosciuta anche come Fiat 806 Grand Prix o Fiat 806/406 (806 era la sigla identificativa del telaio mentre la sigla 406 identificava il motore).
Nel 1927 la dirigenza Fiat diede mandato al Reparto Costruzioni Speciali di realizzare una vettura per la nuova Formula Gran Prix, che prevedeva una cilindrata massima di 1.500cc, in grado di battersi con la favolosa Alfa Romeo P2, progettata dal tecnico Vittorio Jano che Enzo Ferrari aveva strappato proprio alla FIAT, che in quegli anni dominava le gare della categoria.
Il motore 406, sovralimentato con un compressore volumetrico Roots, era costituito da due blocchi da 6 cilindri in linea accoppiati in parallelo, così da formare un 12 cilindri con disposizione ad U. La distribuzione era a due valvole in testa, comandata dai tre alberi a camme in testa.
La parte più innovativa, però, era costituita dal telaio e conseguentemente dalla carrozzeria. Allo scopo di abbassare il baricentro i tecnici pensarono di sistemare il gruppo motore-cambio non più appoggiato ai due longheroni portanti del telaio secondo la tecnica dell’epoca, ma di inserirlo tra questi. Tale soluzione però impose una minore distanza tra i longheroni stessi, il che non consentiva uno spazio sufficiente per il tradizionale abitacolo a due posti; venne perciò deciso di eliminare il sedile riservato al meccanico (non necessario per le gare su pista chiusa) e nacque così la prima monoposto da Gran Premio della storia.
Per il motore veniva dichiarata una potenza di 187 Cv a 8.500 giri/min e una velocità massima di circa 240 Km/h; il cambio era a 4 velocità più retromarcia; le sospensioni erano ad assale rigido con ammortizzatori meccanici; freni a tamburo. Furono costruiti un solo telaio e 4 motori.
Il 4 settembre 1927 la innovativa monoposto fu schierata al via del Gran Premio di Milano, a Monza, una gara di 50 km.
La sfida tra i due più importanti costruttori nazionali portò a Monza una folla strabocchevole, nonostante la giornata di pioggia.
Il pilota della FIAT, Bordino, vinse le batterie eliminatorie, assicurandosi così la prima posizione alla partenza (non esisteva ancora la pole position come la intendiamo oggi) e vinse la gara davanti all’Alfa Romeo P2 di Campari e alla Bugatti T35 di Maggi, infliggendo al secondo classificato un distacco di oltre un minuto; Bordino si assicurò anche il giro veloce alla media di 155,410 km/h.
Dopo quella unica gara, peraltro vittoriosa, della 806 tutto faceva sperare in un 1928 di grandi sfide tra FIAT e Alfa Romeo, ma invece la dirigenza FIAT considerò conclusa l’esperienza dimostrativa e annunciò il ritiro dalle competizioni Grand Prix.
Quell’unica monoposto 806 costruita fu distrutta per volere del senatore Agnelli.