(Ovvero “la storia delle Benelli Saarinen”; il racconto è tratto dalle memorie di Innocenzo e Leonardo Nardi Dei che mi hanno gratificato delle loro confidenze che ho raccolto in chat su Facebook)
Siamo a cavallo tra gli anni ’60 e gli anni ’70 del secolo scorso.
I rapporti tra la Benelli e la MV Agusta erano improntati alla stima e al rispetto reciproco.
Fra i meccanici delle due squadre, Magni e Mazza da una parte e Melotti e Cecchini dall’altra non vi furono mai screzi.
Direttore sportivo della Benelli era Innocenzo Nardi Dei, genero di Giovanni, uno dei titolari del marchio pesarese, avendone sposata la figlia Maria Teresa. Tra Nardi Dei e Giacomo Agostini regnavano stima e simpatia personale.
Nella foto di copertina vediamo Agostini in compagnia di Innocenzo Nardi Dei (a dx nella foto) e del fratello Andrea. Qui sono ritratti nella villa di Montaione (FI) di proprietà di Andrea.
Nardi Dei rappresentava la casa pesarese sui circuiti; un qualunque accordo preso con Nardi Dei era legge; sul fronte opposto bisognava interpellare il Conte Agusta!
In questo clima ebbe vita la vicenda dei rapporti tra la Benelli ed Agostini.
Questi aveva sempre apprezzato la capacità della direzione Benelli di prendere decisioni rapide a fronte di improvvisi contrattempi, vedi la rapida decisione di prendere Pasolini in sostituzione dell’infortunato Provini e l’analoga decisione, a seguito di un incidente che appiedò Pasolini, di ingaggiare Carruthers che, pur avendo gareggiato per metà stagione da privato, riuscì ad agguantare il titolo della 250 nel 1969. A onor del vero va detto che quella impresa fu certamente agevolata dal fatto che i costruttori giapponesi si stavano ritirando dal motomondiale.
Nel 1970 i rapporti con Pasolini si stavano incrinando; il pilota sentiva scarsa fiducia nei suoi confronti (e probabilmente era stato sempre ritenuto un ripiego rispetto ad Agostini che Nardi Dei avrebbe voluto sin dal 1967 in Benelli) e nel contempo accusa la Benelli di non dargli un mezzo all’altezza dell’agile e potente MV 3 cilindri. Dopo la gara di Monza decise irremovibilmente di lasciare la casa di Pesaro.
I toni erano talmente esasperati che Pasolini, pur di dimostrare il proprio valore, arrivò addirittura a lanciare una sfida a moto invertite tra i due assi italiani. Ovviamente non se ne fece niente.
Contemporaneamente la situazione economica e finanziaria dell’azienda non era delle più felici: era praticamente sull’orlo del fallimento. La struttura industriale, risalente all’anteguerra, non era più valida per una produzione redditizia e di qualità! Occorrevano ingenti capitali che però la Benelli aveva impegnati per la costruzione di una nuova fabbrica d’armi a Urbino!
Ma, poiché si ipotizzava l’arrivo di alcuni finanziatori, si decise ugualmente di aprire una trattativa con Agostini, fortemente voluto da Paolo Benelli e da Nardi Dei.
D’altronde il tentativo di intavolare una trattativa con Agostini era supportato anche da alcune novità che riguardavano il settore tecnico sportivo già dal 1969: l’ingaggio del progettista Prampolini (che sostituiva l’ing. Savelli, papà delle prime 4 cilindri) e l’arrivo ad Urbino alla Benelli Armi (ovviamente tenuto molto segreto all’epoca) di un telaio ed un motore di una Honda 250 6 cilindri Hailwood da poter analizzare a fondo come spunto per la realizzazione di due nuove moto (350 e 500) fortemente volute da Nardi Dei proprio per stimolare l’interesse di Agostini.
La decisione di analizzare il 6 cilindri Honda fu presa nel corso di un tumultuoso CDA; vennero incaricati Prampolini, Aurelio Bertocchi (figlio del capo collaudatore Maserati, Guerino) e Lino Galli.
Sembra che quel motore Honda sia poi entrato in possesso di De Tomaso.
Inizialmente furono approntate due moto, una per ogni cilindrata. Pasolini poco si interessò a queste nuove moto, ormai con la testa e con il cuore era già a Varese, all’Aermacchi.
Nella prima foto qui in alto vediamo Innocenzo Nardi Dei e il tecnico Omer Melotti che esaminano uno dei primi motori “Prampolini”.
In qualità di Direttore Sportivo, ed in virtù degli ottimi rapporti personali, spettò ad Innocenzo Nardi Dei contattare Agostini e perciò lo invitò a casa sua a Firenze. Dopo una lunga trattativa, quando Ago aveva già firmato il contratto per la Benelli, Innocenzo ricevette una telefonata da Paolo Benelli che lo informava che lo sperato arrivo di nuovi soci che avrebbero dovuto rifinanziare l’azienda, era saltato; Innocenzo strappò ad Agostini il contratto, dicendogli: “Lascia stare, non si può fare più….” .
Ricorda Nardi Dei: “ non me la sentivo di ingannare un amico per qualche attimo gloria giornalistica!! Assumere Agostini sarebbe stata una pazzia e una cattiveria verso di lui e una stupida iniziativa riguardo alla stessa Benelli!”.
Agostini ne rimase sorpreso ma ringraziò Innocenzo per la correttezza del suo comportamento e alla stampa venne comunicato il mancato raggiungimento dell’accordo economico.
Con la rottura delle trattative con Agostini Nardi Dei cercò, inutilmente, di riprendere i contatti con Pasolini e non disdegnò neanche di intavolare qualche trattativa con Hailwood.
Ovviamente Agostini, da quel furbetto che è sempre stato, ancora oggi in pubblico nega i suoi amori con la Benelli; è opportuno tacere di un matrimonio fallito sul nascere per la scomparsa della controparte, per nascondere un “tradimento” (che comunque si consumerà nel 1973) non andato a buon fine.
Da li a pochi mesi, il 7 agosto del 1971, la Benelli passò nelle mani di De Tomaso. Una semplice speculazione edilizia che intendeva liberare ettari di terreno fabbricativo nel centro di Pesaro al libero mercato trasferendo l’attività lavorativa nelle periferie della città.
Ma che fine fecero le Benelli di Prampolini?
Quando nel 1971 arrivò De Tomaso, questi neppure conosceva la loro genesi.
Nel 1972 le Benelli 350 e 500 scendono in pista nel Gran Premio Pesaro Mobili, a Villa Fastiggi. Pilotate dal finlandese Saarinen le macchine pesaresi, in una giornata entusiasmante, battono in entrambe le classi le quotatissime MV di Agostini.
Saarinen e Lansivuori, vennero ingaggiati insieme (era questa la condizione che poneva sempre) dal MC Tonino Benelli che sborsò l’intera cifra dell’ingaggio, convincendo De Tomaso a cedere per la corsa di Pesaro le due moto a Jarno.
La prevista rivincita ad Imola non ebbe luogo a causa della intensa pioggia.
Successivamente, quindi sotto la gestione De Tomaso, vennero realizzate altre due moto che vennero affidate a Villa, Drapal e Gallina.
Quando De Tomaso affossò anche la Benelli, riportò tutte e quattro le moto a Modena.
Trent’anni dopo Leonardo Nardi Dei (figlio di Scipione Flaminio, fratello di Innocenzo) iniziò una estenuante trattativa con l’argentino per indurlo a cederle; dopo mesi di trattative, l’operazione si concluse. Due moto furono acquistate da Sandroni di Tavullia, alte due da Luciano Battisti.
In appendice due aneddoti che riconducono ai rapporti mancati di Agostini con la Benelli:
- per il suo esordio AGO aveva ordinato una MotoBi “6 tiranti”; stufo di aspettare perché la consegna veniva rimandata continuamente, si rivolse alla Morini per acquistare un Settebello. Con questa si fece notare dal commendatore Alfonso che lo ingaggiò per affiancarlo a Tarquinio Provini in sella alla 250 monocilindrica più veloce del mondo. C’è da chiedersi come sarebbe cambiata la storia della MotoBi, della Benelli e di Agostini se quella moto fosse stata consegnata in tempo;
il 27 luglio 1976 Agostini partecipò ad una gara di Campionato Italiano sul circuito di Misano Adriatico in sella ad una Morbidelli finendo secondo alle spalle di Franco Uncini con la HD-Aermacchi, relegando al terzo e quarto posto Walter Villa e Mario Lega. La Morbidelli, che tramite la MBA aveva rapporti stretti con Paolo Benelli e Innocenzo Nardi Dei, era riuscita dove aveva “fallito” la Benelli.