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20 giugno 1965, l’ultima 24 ore di Le Mans della Ferrari
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20 giugno 1965, l’ultima 24 ore di Le Mans della Ferrari

Gennaio 23rd, 2017 Fabio Avossa Piloti, storie e glorie

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Nel 1965 si concludeva l’epopea delle vittorie Ferrari alla 24 ore di Le Mans, epopea iniziata nel 1949, prima edizione del dopoguerra della prestigiosa gara di durata francese.

La Ferrari ha vinto infatti nove edizioni della 24 ore che si disputa sul circuito della Sarthe, a partire dalla prima del dopoguerra, nel 1949. Arriveranno altre 2 vittorie, nel 1954 e nel 1958, e poi la striscia di 6 vittorie consecutive dal 1960 al 1965. Praticamente il 50% . Gli avversari di quel periodo rispondevano ai nomi di Aston Martin, Jaguar e Mercedes.

In quel 1965 alla guida della Ferrari vincente c’erano l’austro/tedesco Jochen Rindt (Campione del Mondo postumo di Formula 1 nel 1970) e l’americano Masten Gregory (grande specialista di ruote coperte che gareggiò anche in Formula 1). La vettura vincente era una berlinetta 250 LM della scuderia americana NART di Luigi Chinetti, l’importatore Ferrari per gli USA.

La 250 LM, nonostante prefigurasse il nuovo modello di GT della Ferrari, fu costretta a gareggiare nella categoria prototipi non avendo raggiunto il numero minimo di esemplari costruiti o almeno in fase di assemblaggio; ne furono infatti costruite solo 33, molto meno dei 100 esemplari necessari per l’omologazione.

Il trionfo della Ferrari fu completato da altre 4 vetture nelle prime sette. Al secondo posto si piazzò un’altra berlinetta LM privata e al terzo una 275 GTB della scuderia Francorchamps; un’altra berlinetta LM, quella della scuderia Filippinetti , si piazzò al sesto posto seguita dalla P2 superstite della NART della coppia di Rodriguez-Vaccarella (in effetti veniva individuata come modello P1/P2 perché sul telaio di una 365P 4.4 monoalbero venne montata la carrozzeria più aerodinamica della P2).

Quell’anno il caldo era asfissiante e nella notte tra il 19 ed il 20 giugno 1965 ne successero di tutti i colori. Nella cruenta battaglia tra la piccola scuderia di Maranello e l’armata Ford tutte le vetture ufficiali furono vittime di problemi che le costrinsero al ritiro; fu una debacle che lasciò in pista solo quattordici delle cinquantuno partenti, tutti comprimari. Le premesse erano state ben diverse: la Ford aveva messo in campo due esemplari della GT40 dotate di motore da 7 litri mentre la casa di Maranello rispondeva con le P2 da 3,3 e 4 litri; insomma la forza bruta contro la meccanica raffinata. Le Ferrari si ritirarono a causa di noie ai dischi dei freni che tendevano a spezzarsi oppure al cambio sovraffaticato nel tentativo di risparmiare i freni mentre le Ford, sia quelle da 7000cc che le più “normali” 4700cc, furono messe al tappeto da noie al cambio e surriscaldamenti.

Come abbiamo visto, la vettura vincente portava i colori della NART (North America Racing Team) di quel Chinetti che aveva vinto l’edizione del 1949 ed era guidata da Jochen Rindt e Masten Gregory con quest’ultimo protagonista di un vero e proprio giallo. Nella notte infatti al suo posto salì in vettura un terzo pilota che non potrà mai scrivere il suo nome nell’albo d’oro. Molti ricorderanno che Masten Gregory usava occhiali molto spessi da miope; quella notte, poco prima dell’alba, si alzò un nebbione densissimo e Gregory, appena uscito per il suo turno di guida, non riusciva a vedere nulla. Decise perciò di rientrare precipitosamente ai box ma il suo coequipier Rindt, che non si aspettava il rientro anticipato, risultava introvabile. Fu così che Chinetti impose a Ed Hugus, pilota di riserva, di salire in macchina fino al sorgere del sole per poi ridare il volante a Gregory; i commissari non se ne avvidero e pertanto la vittoria fu omologata. La vicenda è rimasta segreta a lungo; Hugus l’ha raccontata solo poco prima di morire, e nessuno lo ha smentito.

La Ferrari parteciperà ancora alla 24 ore di Le Mans ma subirà l’attacco di Ford, Porsche e Matra non riuscendo più a conquistare Le Mans neanche con la prestigiosa P4 e con la strepitosa 312 PB, che nel 1972 vinse tutte le gare a cui fu iscritta (esclusa appunto la 24 ore di LM) compresa la Targa Florio dove la vettura fu portata alla vittoria da Arturo Merzario in coppia con il rallysta Sandro Munari. Alla fine del 1973, nonostante stesse sviluppando già la versione ’74 della 312 PB, la Ferrari decise per il ritiro dalle competizioni endurance.

Ma vediamo un po’ più in dettaglio come andarono le 24 ore degli anni successivi a quel rocambolesco 1965. Dal 1966 al 1968 si affermò per 4 anni consecutivi la Ford; per la Ferrari fu una debacle sia nel 1966 con la P3 che nel 1969 con la 312P; andò meglio nel 1967 quando arrivò seconda con la P4 mentre non partecipò nel 1968. Nel biennio 1970/71 iniziò l’epopea della Porsche (che si affermerà per ben 18 volte); la Ferrari andò male con la 512S nel 1970 e non partecipò nel 1971 nonostante avesse una 512M notevolmente migliorata rispetto alla 512S. Nell’ultimo biennio, 1972/73, in cui la Ferrari partecipò al Mondiale Marche si registrò il dominio della Matra alla 24 ore di Le Mans mentre la Ferrari, che aveva come arma una velocissima ma forse fragile 312 PB, non partecipò nel 1972 piazzando però in buona posizione molte 365 GTB/4 di scuderie private e fu battuta nel 1973, pur con una 312 PB assai migliorata, dalla Matra che quell’anno conquistò anche il campionato.

Poi sopraggiunse la drastica decisione. Nonostante le sconfitte e la prolungata assenza da Le Mans, la Ferrari con i suoi 9 successi risulta essere ancora al terzo posto tra i costruttori vincenti a Le Mans preceduta dalla Audi con 13 successi e dalla Porsche con 18.

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Fabio Avossa

Napoletano, perito metalmeccanico, pensionato, vive a Napoli. Appassionato di motori a 2 e 4 ruote in tutti i risvolti ma con particolare interesse per la storia delle corse. Motociclista da circa 60 anni, tifa Ducati e Ferrari (made in Italy), oggi sul suo profilo Facebook si diletta a parlare di moto e auto con particolare attenzione alle vicende del Motomondiale e della Superbike.

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