Forse, come scrissi alcuni anni fa in un’altra nota sulla mia pagina Facebook, le responsabilità potrebbero essere divise in parti uguali. Ma adesso che la Ducati è ritornata alla vittoria con Iannone e Dovizioso e si lascia alle spalle un lungo periodo di insuccessi iniziato proprio con l’arrivo di Rossi a Borgo Panigale, è maturo il tempo per analizzare a fondo e con serenità i motivi per cui fallì quello che, nelle speranze e nella volontà di molti, doveva essere il matrimonio del secolo.
Mettendo a confronto (fonte rivista Motociclismo) le prestazioni di Stoner nel 2010 con quelle di Rossi nel 2011 emerge che, se Stoner è stato sempre più veloce in qualifica, Rossi ha avuto in 4 occasioni su 5 un miglior passo gara, sia pur di poco. Ovviamente sono stati messi a confronto i risultati di quelle gare in cui nessuno dei due piloti è stato costretto al ritiro o che si sono disputate in condizioni meteo equivalenti.
E’ pur vero che questo miglioramento potrebbe essere dovuto alla nuova generazione di pneumatici Bridgestone o alle evoluzioni della stessa Desmosedici ma, a non far prendere in considerazione questi due fattori, si deve rilevare che Hayden nel 2011 è stato più lento di sé stesso nel 2010, nonostante avesse una maggiore conoscenza della moto rispetto a Rossi.
E allora si può pensare che nel 2011 la Ducati abbia smarrito la via dello sviluppo forse per un incompatibilità del monoscocca con i Bridgestone 2011 o forse per la difficoltà degli stessi tecnici Ducati di comprendere il comportamento del telaio scatolato a motore portante. E difatti a tutte le modifiche apportate nel corso dell’anno non corrispondeva quasi mai un progresso nelle performance della moto. Abbiamo visto apportare modifiche alquanto estreme (per usare un eufemismo) come inusuali sfilamenti degli steli forcella, strane forme di piastre forcella, cambiamenti del materiale dello scatolato (alluminio) dotandolo anche di due bretelle anteriori. Venne addirittura messa in discussione l’architettura a V90° del motore, per scoprire poi che la Honda adottava la stessa.
Probabilmente il monoscocca non poteva andare oltre un certo livello di sviluppo. Per sua stessa natura, infatti, questa soluzione telaistica non consente modifiche, tipicamente applicate nel campo delle Moto da Gran Premio, come il riposizionamento del motore e di alcuni accessori che influenzano significativamente il comportamento dinamico della moto.
Probabilmente un altro errore fu commesso da Rossi che volle con sé Burgess e tutto il suo staff tecnico; mossa sbagliata non per il valore intrinseco di Burgess e dei suoi tecnici ma per la loro totale mancanza di esperienza con una ciclistica così particolare, totalmente diversa da quelle gestite da Burgess per oltre un trentennio.
Sta di fatto che alla fine, anche su pressioni dello sponsor, si optò per il Deltabox che ritroviamo ancora oggi, evoluto, sulla Desmosedici finalmente vincente con Iannone e Dovizioso. Ma all’epoca fu un errore perchè su quel telaio fu montato un massiccio motore realizzato per avere funzione portante.
A sostegno della tesi sulla difficoltà di sviluppo del monoscocca abbiamo l’esempio della Panigale che per arrivare alla competitività in SBK ha richiesto ben 4 anni di lavoro. Non sapremo mai se insistendo sul monoscocca anche la Desmosedici avrebbe potuto raggiungere un buon livello di competitività. E non possiamo sapere neanche se sullo sviluppo abbia avuto una influenza negativa quel periodo in cui stava maturando il passaggio di proprietà dal fondo dei Bonomi alla AUDI.