In tempi recenti abbiamo letto che BMW ha testato su alcuni motori un apparato Bosch per l’iniezione diretta d’acqua.
Ma come funziona e perché è vantaggioso questo sistema? In parole molto semplici l’acqua nebulizzata iniettata direttamente nella camera di combustione o nel collettore di aspirazione o nel compressore nel caso di motori sovralimentati evapora assorbendo calore in fase di combustione, abbassando in tal modo la temperatura all’interno della camera di combustione.
Il sistema può ridurre anche del 13% il consumo di carburante perché l’evaporazione dell’acqua limita la tendenza del motore a surriscaldarsi mantenendolo nel range di temperature di esercizio ottimale.
In realtà questo sistema, ed i relativi benefici, sono noti da oltre 70 anni. Questa, però, è la prima volta che il sistema è pronto per l’industrializzazione automobilistica.
Ma veniamo alla nostra storia.
1966: viene varata la nuova Formula 1 che, dopo quella in vigore dal 1961 al 1965 che ammetteva motori da 1500cc aspirati, introduce motori da 3000 aspirati oppure 1500 sovralimentati.
Inizialmente tutti i costruttori adottano motori aspirati; solo nel 1977 una casa decide di percorrere la via del sovralimentato: è la Renault che impiega il sistema di sovralimentazione a turbocompressore sul quale aveva già maturato una buona esperienza nella categoria prototipi. Dopo un inizio tribolato, caratterizzato da frequenti rotture, finalmente la Renault conquista la sua prima storica vittoria nel Gran Premio di Francia del 1979, a Digione, gara che però è rimasta nella memoria degli appassionati più per la feroce battaglia per il secondo posto tra Villeneuve e Arnoux che non per la vittoria di Jabouille. Fu in assoluto la prima vittoria per un motore turbocompresso in Formula1, evento che spinse anche gli altri costruttori a percorrere questa strada tecnica.
E così nel 1981 arrivò anche la Ferrari che sperimentò diverse soluzioni, dal compressore volumetrico al “comprex” (una specie di ibrido tra volumetrico e turbo), per poi orientarsi anch’essa al turbocompressore. Ma il motore Ferrari denunciava gravi problemi di affidabilità dovuti a fenomeni di detonazione, quel fenomeno, che produce “il battito in testa”, dovuto a cause diverse quali l’alta temperatura nel cilindro, punti caldi da incrostazioni in camera di scoppio, rapporto di compressione troppo elevato, anticipo d’accensione eccessivo, presenza d’olio in camera di scoppio.
I metodi per ridurre il pericolo della detonazione sono principalmente tre:
– ridurre l’anticipo d’accensione, ma questo metodo comporta significative perdite di potenza;
– arricchire la miscela; sperimentalmente si è constatato che questa soluzione ha effetto fino ad un certo limite ed inoltre presenta come controindicazione consumi eccessivi e notevoli quantità di idrocarburi incombusti allo scarico;
– ed infine l’iniezione d’acqua che vaporizzando produce un efficace raffreddamento della camera di scoppio.
L’abbassamento della temperatura dà il duplice vantaggio di inibire la detonazione e di limitare la formazione degli ossidi di azoto, altamente inquinanti.
I precedenti storici.
Come abbiamo già ricordato l’espediente di immettere acqua in camera di scoppio era già stato utilizzato nelle vetture da competizione del periodo anteguerra e nell’immediato dopoguerra quando alle miscele di alcool, poi proibite a partire dal 1958, veniva aggiunta una percentuale di acqua dell’ordine del 2/3%; un sistema di iniezione d’acqua veniva utilizzato anche, nel corso della seconda guerra mondiale, dai caccia inglesi Spitfire e dai tedeschi Messerschmidt ed infine tra le auto di serie ricordiamo la Chevrolet Corvair Monza degli anni ’60. Nel 1939 la Stanguellini vinse sorprendentemente e con ampio distacco la gara Tobruk-Tripoli con una vetturetta derivata dalla FIAT 500, quella che molti ricordano come Topolino. La gara libica si svolgeva su una distanza di circa 1.500 chilometri che richiesero al pilota Baravelli di guidare per più di 14 ore consecutive. L’auto era una elegante berlinetta aerodinamica. Il motore era pesantemente elaborato con la cilindrata elevata a 750cc e con un particolare accorgimento sul sistema di alimentazione: per tenere sotto controllo la temperatura in camera di combustione vennero montati due carburatori uno dei quali, unitamente alla miscela aria/benzina, immetteva nel condotto di aspirazione anche una piccola percentuale di acqua. Una curiosità di quell’episodio: per affrontare la sabbia del deserto libico Vittorio Stanguellini ebbe la felice intuizione di approntare un filtro dell’aria usando calze di seta da donna “approfittando” del corredo della moglie.
Ritornando alla Ferrari, è pensiero comune che la Formula1 sperimenta soluzioni avanzate che poi vengono migrate verso la produzione di serie; in questo caso, per risolvere i problemi di affidabilità del suo motore la Ferrari fece una operazione di sinergia tra diversi ambiti profondamente diversi attingendo alla tecnologia delle caldaie per riscaldamento alimentate con combustibili oleosi(!).
L’applicazione pratica per immettere acqua nel motore può essere realizzata in due modalità: miscelando l’acqua al combustibile oppure immettendola in camera di scoppio con un sistema indipendente. La scelta dipende sostanzialmente dal grado di miscibilità dell’acqua con il combustibile: fino al 1958 nel caso dei motori alimentati ad alcool aggiungere acqua al carburante non comportava difficoltà perché l’acqua è perfettamente miscibile con l’alcool; questo metodo non è possibile con la comune benzina che ha una consistenza oleosa. D’altro canto la Ferrari arrivò ben presto alla convinzione che un sistema di iniezione supplementare sarebbe stato eccessivamente complesso. Infine fu l’Agip, che collaborava con la Ferrari nel campo dei lubrificanti e dei combustibili, a fornire la soluzione fornendo ai tecnici di Maranello la tecnologia dell’Emulsistem ’80, un dispositivo che l’Agip stessa aveva sviluppato per ridurre consumi ed inquinamento dei bruciatori delle caldaie ricorrendo, appunto, alla miscelazione dell’acqua con i combustibili oleosi che alimentano i bruciatori delle caldaie. L’Agip si era posto l’obiettivo di evitare sistemi complessi di iniezione d’acqua e nel contempo di risolvere il problema della scarsa miscibilità di questi due componenti; la soluzione era l’EMULSIONE cioè l’unione di due liquidi formata da minutissime particelle dell’uno disperse nell’altro. Ovviamente per l’alimentazione di un motore è necessario che l’emulsione sia omogenea e stabile, cioè duratura nel tempo; con un sistema meccanico (uno sbattitore) non si sarebbero ottenute emulsioni molto fini mentre sistemi più sofisticati, come gli ultrasuoni, si sarebbero rivelati troppo complessi. Il dispositivo dell’Agip ovviò a questi inconvenienti ricorrendo all’uso di ugelli opportunamente conformati che disperdono l’acqua nel combustibile sotto forma di micro goccioline del diametro nell’ordine del millesimo di millimetro. L’apparato è costituito da un dosatore-miscelatore e dall’emulsionatore vero e proprio. I vantaggi di un dispositivo del genere sono abbastanza evidenti: ingombro ridotto, minima complessità, assenza di organi in movimento. Il sistema applicato sul motore Ferrari consentiva di dosare la quantità d’acqua miscelata al combustibile da 0 al 15%, in funzione della pressione di alimentazione.
In effetti la Ferrari nel quadriennio 1982/1985 si rivelerà probabilmente la migliore Formula 1 del momento anche se, per vari motivi, non conquistò nessun titolo mondiale piloti, pur essendoci andata piuttosto vicino almeno un paio di volte nel 1982 con Pironi e nel 1985 con Alboreto; ad avvalorare questa tesi valgono i campionati costruttori conquistati nel 1982 e nel 1983 e con i secondi posti del 1984 e 1985