Quando, a metà degli anni ’70, la Yamaha impose definitivamente la tecnologia del 2 tempi anche nella classe 500, le moto a 4 tempi – nella fattispecie la MV Agusta – non furono handicappate tanto dalla minor potenza quanto da problemi di eccessivo freno motore con conseguente fastidioso saltellamento al posteriore (le frizioni antisaltellamento arriveranno più tardi), dal maggior peso della meccanica 4 tempi (il due tempi non ha tutto il complesso della distribuzione), dal limite al frazionamento dei motori (in teoria un 4 tempi dovrebbe poter girare il doppio di un 2 tempi) e dalla annunciata introduzione dei silenziatori allo scarico.
Quest’ultima circostanza favoriva i 2 tempi anche in termini di potenza perché questa tipologia di motori notoriamente beneficia di un effetto di contropressione allo scarico (per questo i 4 tempi usano i megafoni mentre i 2 tempi hanno le espansioni a cono e controcono).
Qualche anno dopo la Honda, sulla NR, sperimenterà la frizione antisaltellamento ma nulla potrà per il peso e l’handicap dei silenziatori e sono ben note le difficoltà che ebbero i suoi piloti per metterle in moto a spinta.
Infatti, a penalizzare le moto a 4 tempi sin dallo start di ogni gara, all’epoca vigeva ancora la procedura di partenza a spinta con motore spento ed è ben noto che a parità di rapporto di compressione geometrico un 4 tempi risulta molto più compresso di un 2 tempi.
Non sapremo mai se, abolita la partenza a spinta, con un peso minimo uguale per tutti, senza silenziatori e magari con l’ausilio di una elettronica avanzata, la NR sarebbe mai diventata competitiva.
E ancor meno possiamo immaginare relativamente al boxer della MV che non uscì mai dal livello di prototipo.