Non vi è alcun dubbio che il passaggio della fornitura da Bridgestone a Michelin abbia creato qualche difficoltà di adattamento a moto e piloti.
Non credo che fossero difficoltà imprevedibili: moto progettate, sviluppate ed evolute nell’arco di tempo di 7 anni per uno specifico tipo di pneumatico devono ora adattarsi ad uno pneumatico dalle dimensioni diverse (da 16,5 pollici a 17) e dalla filosofia costruttiva diversa, sia in termini di mescola che, ma soprattutto, di carcassa.
Si è innescato così un circolo vizioso con moto e pneumatici ad “inseguirsi” nello sviluppo; d’altronde nessuno è disposto a fermarsi ad aspettare l’altro; la continua ricerca di un miglioramento è il sale delle corse.
Un ruolo importate (in negativo) lo ha sicuramente l’elettronica unificata, che essendo poco conosciuta e meno sofisticata rende più difficile la possibilità di mettere una “pezza”. A tal riguardo voglio ricordarvi che durante l’inverno si dava per favorita la Ducati avendo avuto la casa di Borgo Panigale un ruolo preponderante nello sviluppo della elettronica unificata, circostanza che non mi sembra si sia verificata.
Michelin è tornata dopo 7 anni; anche i telai o i motori o gli algoritmi dell’elettronica hanno bisogno di sviluppo; non vedo perché non si debba “concedere” alla Michelin un periodo di rodaggio tanto più che rispetto alle altre componenti della moto gli pneumatici hanno qualche variabile in più: devono andar bene per moto dalle caratteristiche diverse e per la guida di piloti dallo stile e dalle caratteristiche morfologiche e di peso molto variabili. Non dimentichiamo che l’anno scorso qualcuno si lamentava degli pneumatici.
Voglio infatti ricordare che qualche problema lo ha avuto anche Bridgestone:
Scoppio del posteriore di Nakano al Mugello 2004;
Gara in due manche Australia 2013;
Ritorno alle gomme dell’anno precedente ad Assen 2015 (ricordate il famoso bordino che tanto piaceva a Lorenzo?).
Ma ancor di più voglio ricordare che l’approccio della Bridgestone al regime di monogomma è stato meno brusco dell’approccio di Michelin che, come ho già ricordato, torna in MotoGP dopo 7 anni di assenza.
La casa giapponese entrò in MotoGp nel 2002, primo anno delle moto quattro tempi; ottenne la prima pole position al Gran Premio d’Australia del 2002, un primo podio nel 2003 e la prima vittoria nel 2004 in Brasile.
Nel 2002 vigeva un monogomma Michelin “di fatto” visto che la Dunlop, unica antagonista, mostrava sprazzi di competitività solo sul bagnato. Le Bridgestone calzarono dapprima le Honda private del team Pramac e le Proton del team di Kenny Roberts, per essere poi utilizzate anche da Kawasaki e Suzuki.
Poi iniziò la collaborazione con la Ducati.
Nel 2007 arrivò al titolo mondiale con Casey Stoner; molti attribuirono buona parte del merito proprio agli pneumatici giapponesi, tanto che Valentino Rossi li pretese determinando una situazione mai vista prima con due piloti di un team ufficiale “gommati” diversamente, situazione che fece “ergere” il famoso muro divisorio.
Tutte queste tappe, ed il ritiro di una indispettita Michelin portarono la Bridgestone a diventare il fornitore unico nel 2009.