In merito ai problemi delle Michelin (Baz e Redding) si è scritto molto; qualcuno ha addirittura sostenuto la tesi di Espargarò per il quale la “colpa” sarebbe di una Ducati troppo potente (?) altri invece addossano alla Michelin la responsabilità delle defaillance delle gomme.
Altri invece attribuiscono questi incidenti all’entrata in vigore contemporanea del nuovo fornitore e della nuova elettronica.
Non entro nel merito dei due casi che in realtà si presenterebbero differenti da un punto di vista tecnico.
Personalmente penso che un costruttore di moto abbia il dovere di cercare la massima potenza possibile ma anche, ovviamente, tutti i mezzi necessari (dalla ciclistica all’elettronica) per gestirla al meglio mentre il costruttore di pneumatici ha il dovere di costruire una gomma che resista alle massime sollecitazioni pur garantendo la massima performance.
Questo come principio di fondo.
Detto questo io credo che il problema scaturisca dal regime del monogomma, un regolamento che a mio parere è la negazione di una competizione motoristica di massimo livello.
Venendo a mancare la competizione tra costruttori di pneumatici, con l’alternanza è evidente che il costruttore che rientra nella competizione (in questo caso la Michelin) deve riformarsi una cultura e può quindi effettivamente incappare in qualche difficoltà.
Non trascurando il fatto che deve produrre pneumatici buoni per tutte le moto che spesso hanno caratteristiche tecniche, con particolare attenzione alla ciclistica e alla erogazione, profondamente diverse.
D’altronde anche Bridgestone a suo tempo è incappata in episodi analoghi come quello di Nakano al Mugello 2004 e sua è “l’invenzione” della gara divisa in due manche per salvaguardare gli pneumatici in Australia nel 2013.
Qualcuno ha ritenuto la Michelin rea di puntare alla performance a scapito della tenuta alla distanza; da che esistono le competizioni motoristiche l’indirizzo è stato sempre questo: prima la velocità, poi l’affidabilità, anche se è evidente che la rottura di un pneumatico potrebbe rivelarsi molto più drammatica della rottura di un motore.
Ma comunque, anche ammesso che questa sia una leggerezza della casa francese, come mai nessuno – piloti, team, i vari organi preposti alla sicurezza, della FIM e della stessa DORNA – ha mai preteso che si svolgessero test di resistenza alla distanza o comunque in situazioni di particolari temperature e tipologie di asfalto?
Ed infine propongo uno spunto di riflessione che potrebbe portarci alla risposta: nel caso degli incidenti di Baz e Redding non potrebbe trattarsi di episodi isolati dovuti al fatto che molto probabilmente la Michelin, ancora in fase sperimentale, non ha ancora raggiunto uno standard di produzione per cui qualche pneumatico ne possa uscire fallato?