Dal 1949, primo anno del Motomondiale, sono ben 45 i piloti morti nel corso di un Gran Premio: la morte ha colpito indistintamente Campioni del mondo, piloti di talento che non ebbero l’occasione di conquistare l’iride, seconde guide o “semplici” gentleman driver.
Ancora oggi è ben impresso nella mente e negli occhi (all’epoca era un’occasione rara vedere un Gran Premio in TV, e questa fu una di quelle occasioni) degli appassionati di motociclismo il dramma che si compì al Curvone dell’autodromo di Monza alle 15.31 del 20 maggio 1973: si correva il Gran Premio delle Nazioni ed una paurosa caduta al Curvone subito dopo la partenza (all’epoca non esisteva la chicane dopo il via) ci privò in un solo colpo di due campioni, il finlandese Jarno Saarinen e il riminese Renzo Pasolini.
Nella lista dei 45 caduti, oltre a Pasolini, altri 12 sono italiani: Dario Ambrosini, Gianni Leoni, Sante Geminiani, Ercole Frigerio, Roberto Colombo, Adolfo Covi, Gilberto Parlotti, Paolo Tordi, Otello Buscherini, Giovanni Ziggiotto, Sauro Pazzaglia.
Con la scomparsa di Pazzaglia, siamo nel 1981, sembrava che questa lista non dovesse allungarsi più ma purtroppo trenta anni dopo, il 23 ottobre 2011 a Sepang (Malesia), Marco Simoncelli allungava la triste lista dei nostri caduti.
Lista a cui apparentemente mancano alcuni nomi o perché, come Tarquinio Provini, hanno avuto salva la vita pur essendo stati vittima di drammatici incidenti che ne hanno stroncato la carriera oppure perché, come è il caso di Angelo Bergamonti, hanno subito incidenti mortali in competizioni non iridate.