È stata la moto più attesa sul mercato e finalmente, nel 2015, è stata presentata l’erede della gloriosa crossover della Honda: si chiama CRF 1000L Africa Twin.
Innanzitutto ricordiamo perché questo nome dal sapore esotico. La spiegazione è scontata, quasi banale: AFRICA perché con questa moto la Honda intendeva sfidare la BMW, e non solo, che nei primi anni ’80 dominava nelle grandi maratone africane e TWIN perché per la motorizzazione era stata scelta la configurazione del bicilindrico.
In realtà la nuova Africa Twin è molto più di un banale remake di un grande successo degli anni ’80 e ’90; a tal riguardo basterebbe ricordare che la CRF adotta un motore bicilindrico in linea da 1000cc contro il bicilindrico a V da 750 cc della sua illustre antenata. Con la CRF si è comunque cercato di riprodurre in una moto moderna i principi ispiratori di quella filosofia di intendere il motociclismo a 360° che solo poche moto hanno saputo interpretare.
Ripercorriamo dunque la storia di questo grande modello di successo sia in campo sportivo che di mercato.
Le origini dell’Africa Twin risalgono al 1986 quando la Honda, supportata dallo sponsor Rothmans, fece debuttare alla Parigi-Dakar la NXR 750 affidandola agli specialisti Cyril Neveu e Gilles Lalay che al primo tentativo conquistarono il primo ed il secondo posto.
La moto era spinta da un inedito un motore due cilindri a V di 50°, 4 valvole per cilindro, da 780cc e circa 75 CV, per un peso di 160 kg.
Nel successivo triennio 1987/89 la NXR750 seppe ripetersi conquistando la vittoria rispettivamente con Neveu, Orioli e Lalay.
Al Salone di Parigi del 1987, cavalcando l’onda del vittorioso debutto, venne presentata la versione stradale: la XRV 650 Africa Twin.
Il motore non aveva nulla in comune con quello della NXR; era infatti un bicilindrico a V di 52°, monoalbero tre valvole, 57 CV derivato da quello della Transalp; la moto presentava un felice mix di qualità stradali e di caratteristiche da fuoristrada mutuate dall’esperienza della Parigi Dakar.
E fu il successo che conosciamo.
Nel 1989 venne approntata una piccola serie di 50 esemplari della XRV650PD destinate alla classe Marathon per i piloti privati che desideravano partecipare alla Parigi-Dakar. Era derivata dalla XRV di serie cui venivano apportate alcune modifiche per adeguarla alle esigenze di una gara tipica e dura come la Dakar; con una di queste moto il francese Patrice Toussaint finì sedicesimo assoluto e primo della categoria Marathon.
Spinta dalle vittorie di Cyril Neveu, Edi Orioli e Gilles Lalay il successo della Africa Twin sul mercato non conosceva rallentamenti.
Il 1990 è una sorta di spartiacque nella storia di questa moto perché in campo agonistico la Honda decide di sospendere l’avventura Dakariana mentre nel campo commerciale presenta un’Africa Twin totalmente rinnovata, la XRV 750.
La nuova moto presenta un motore con cilindrata portata a 750 cc e potenza aumentata a 61 CV. Dopo quattro anni dalla prima commercializzazione era il primo grosso cambiamento; ma era rivista anche nel sistema frenante che presentava il doppio disco anteriore, nell’estetica e nelle dimensioni. La guida ne risultava migliorata su strada mentre perdeva un po’ delle caratteristiche specialistiche nella guida fuoristrada.
Nel1993 arrivano un nuovo telaio e sospensioni modificate mentre nel 1996 la moto viene dotata di sospensioni più economiche.
Ma ormai, dopo dieci anni di produzione e sotto attacco della concorrenza, il mercato dell’Africa Twin entra nella fase calante. Dal 1996 al 2002, quando uscirà di produzione, la moto non riceverà modifiche sostanziali, se non estetiche e di dettaglio.
Ma perché questa moto è entrata nel mito?
Non sempre è facile spiegare la nascita di un mito, spesso non ci sono motivi razionali. Certo è che l’Africa Twin era la moto giusta presentata nel momento giusto, nata per partecipare alle grandi maratone africane che in quel momento storico calamitavano l’interesse di tutti gli appassionati e costituivano perciò un’ottimo veicolo pubblicitario.
Così, mentre le versioni “Marathon” contribuivano a rafforzare l’immagine della vera dakariana acquistabile da chiunque, tanti motociclisti sceglievano la 750 per affrontare viaggi intorno al mondo.
Ma ciò che ne ha consolidato il mito è il fatto che nessun’altra ne ha saputo replicarne le caratteristiche di “moto totale”. La moda delle enduro stradali di grossa cilindrata e l’estrema specializzazione dei mezzi della Dakar hanno portato a una separazione dalle gare dalla produzione di serie.
Nell’immaginario collettivo nessuna altra moto ha saputo rappresentare l’idea della moto in grado di vincere la Dakar e contemporaneamente di essere disponibile al pubblico presso i concessionari.
In tempi successivi solo la KTM Adventure 950 ne avrebbe potuto replicare il successo ma il mercato non dette la stessa entusiastica risposta, forse perché l’austriaca mantenne anche nel modello stradale caratteristiche troppo specialistiche.
Vedremo se la CRF 1000L saprà raccogliere l’eredità della gloriosa antenata.