Il caso dieselgate è ormai a conoscenza di tutti; in questa nota cercheremo di capire come è stato scoperto l’imbroglio, perché è stato perpetrato, in che cosa consiste dal punto di vista tecnico e quali conseguenze potrà avere sul mondo dell’automotive .
Il merito della scoperta va attribuito alla curiosità di alcuni ricercatori dell’Icct (International council on clean transportation), una organizzazione no-profit la cui missione è di “migliorare le performance ambientali e l’efficienza energetica nei trasporti per il bene della salute pubblica e per mitigare il cambiamento climatico”.
Tutto risale a due anni fa, quando l’Icct, utilizzando apparecchiature portatili montate a bordo, mise a confronto le prestazioni delle automobili dotate di motori a gasolio in condizioni di normale utilizzo stradale in contrapposizione a quelle ricavate su banco a rulli in fase di omologazione, riscontrandone forti scostamenti.
Le discrepanze riscontrate furono segnalate all’EPA (Environmental Protection Agency, agenzia di protezione ambientale).
L’EPA approfondì le indagini scoprendo che in alcuni motori Volkswagen veniva utilizzato un software capace di riconoscere le condizioni dei test di omologazione e di abbattere le emissioni mentre nel normale utilizzo le “maglie” del software di gestione risultavano più larghe e pertanto nell’uso stradale le auto incriminate emettevano valori di sostanze inquinanti superiori al consentito privilegiando le performance.
Le auto sottoposte al test furono una BMW X5, una Volkswagen Jetta e una Volkswagen Passat.
I test si concentrarono sulle emissioni degli ossidi di azoto (NOx). La Volkswagen Jetta disattese la normativa statunitense Tier 2-Bin5 superandone i limiti fino a circa 35 volte (la normativa impone un limite pari a 0,043 g/km mentre la Jetta raggiunse emissioni molto più alte facendo segnare un picco di circa 1,5 g/km). La Volkswagen Passat superò i limiti di circa 20 volte. La BMW X5 invece rimase all’interno dei valori imposti dalla normativa.
Ovviamente lo scandalo è rimbalzato dagli Stati Uniti verso i paesi europei ma è doveroso ricordare che la normativa USA sulle emissioni di NOx è più restrittiva della normativa europea che impone un limite di 0,18 g/km.
L’aspetto ridicolo della querelle è che l’ossido di azoto è un “semplice” irritante polmonare, non un inquinante nel senso stretto del termine, dimenticando peraltro che l’N2O viene usato nel viagra come stimolante e che gli NOx sono composti azotati prodotti anche dai fulmini e rendono il terreno fertile.
Per diminuire le emissioni di ossidi di azoto nei motori diesel bisogna installare dei filtri complessi che riducono le emissioni ma riducono le performance e peggiorano i consumi.
E’ questo che ha spinto la Volkswagen a ricorrere a qualche trucchetto?
In realtà tale comportamento è il segno di una difficoltà che i costruttori stanno incontrando per adeguarsi alle normative.
E’ chiaro altresì quanto sia folle imporre valori così bassi quando ci siamo avvicinati ad un punto molto prossimo allo zero per cui, per un incremento quasi nullo, si obbligano i costruttori a fare sforzi enormi per rientrare nei limiti imposti, con conseguente crescita esponenziale dei costi che ovviamente ricadono sul cliente finale.
Queste considerazioni non vogliono essere una difesa della Volkswagen ma forse, ora che il problema è emerso, sarebbe ora che si capisse che i limiti imposti dalle normative dovrebbero essere coerenti con ciò che la tecnologia attuale è in grado di ottenere.
Sull’argomento ora tutti sembrano scandalizzarsi; in realtà sono diversi i trucchi che le Case adottano già da tempo per superare i test di omologazione ricorrendo ai pneumatici a basso rotolamento (gonfiati al massimo e di mescole a bassa aderenza), al distacco dell’alternatore e del climatizzatore, ai freni “allentati” per ridurre lo “strofinio” tra dischi e pasticche, ai pannelli aerodinamici nel sottoscocca oppure a vari alleggerimenti del corpo vettura o ancora all’uso di oli extra fluidi per finire con la individuazione di laboratori localizzati ad alta quota, dove l’aria è più rarefatta.
Ma il metodo tecnologicamente più avanzato è quello, adottato appunto dalla VW, di realizzare un software capace di attivarsi automaticamente solo quando l’auto sta effettuando un test anti-smog e in grado di abbattere drasticamente le emissioni.
La logica di questo software è concettualmente semplice; esso è in grado di segnalare alla centralina l’esecuzione di un ciclo di test al verificarsi di alcune precise operatività previste dalle procedure di omologazione: quando l’acceleratore viene appena sfiorato, quando la velocità varia con una determinata sequenza, quando le soste al minimo durano un numero di secondi prefissato, quando le velocità di 50, 70, 90 e 120 vengono mantenute per un determinato numero di secondi.
Al riconoscimento di queste condizioni la centralina privilegerà consumi ed emissioni a discapito della pura erogazione di cavalli.
Ma se non giudichiamo la vicenda da un punto di vista etico dobbiamo pur ammettere che se un costruttore realizza una mappatura motore che rispetta le condizioni del ciclo di omologazione e allo stesso tempo fornisce le prestazioni dichiarate non dovrebbe essere ritenuto fuori legge per aver realizzato un motore che, sottoposto alle richieste della normativa vigente, risulta conforme.
Semmai si dovrebbe pensare che la vera e propria frode sia nel ciclo stesso, che è ben lontano dal reale utilizzo del veicolo.
Le norme vigenti richiedono infatti prove svolte su banchi a rulli, dunque in laboratorio e non su strada in condizioni reali, e richiedono potenze inferiori ai 25 CV, velocità basse e accelerazioni decisamente blande; ed è proprio nei transitori, cioè quando il motore è impegnato in fase di accelerazione, che gli scarichi inquinanti possono subire un’impennata. Il motivo è semplice: cambia dinamicamente il rapporto combustibile/comburente (gasolio/aria) e dunque le condizioni ideali per la combustione.
Si rivedano dunque norme e sistemi di omologazione obbligando i costruttori a rispettare procedure simili alle reali condizioni di utilizzo e scongiurando così eventuali scappatoie anche se bisogna pur riconoscere che non sarà facile stabilire una procedura standard per un test stradale perché su strada ricorrono molte variabili.
E abbastanza intuitivo capire che la stessa vettura che viaggia in pianura a velocità costante in un paese mediterraneo se testata parallelamente in un paese dal clima nordico denuncerà sicuramente consumi ed emissioni differenti.
Da questa vicenda la VolksWagen, e tutto il mondo dell’automobile, non ne escono bene con danni di immagine ed economici; ma il vero sconfitto di questa vicenda è proprio lui, il motore a gasolio, che ha raggiunto livelli tali di complicazione (iniettori piezoelettrici multipli, filtri antiparticolato, impianti di riduzione selettiva catalitica, meglio noti come deNOx) per cui si è persa la filosofia che lo ha sempre contraddistinto diventando complicato, costoso e delicato. Avrà un futuro?
Ora la VW dovrà richiamare milioni di auto ma sarà disponibile in tempi brevi un software “corretto”? E che prestazioni forniranno i motori controllati da questo software?
Oppure si dovrà realizzare un nuovo software aggiornato, più “severo”?
In quanto tempo sarà pronto?
Sarà compatibile con le centraline attuali o dovranno essere sostituite anche queste?
Sarà compatibile con il pacchetto “combustione-scarico” o anche i motori dovranno essere modificati?
Presto lo sapremo…