Negli ultimi periodi è trapelata l’indiscrezione che la Ducati starebbe approntando una SBK motorizzata da un 4 cilindri (ad L o a V). Una decisione probabilmente sofferta ma forse necessaria per essere vincenti in Superbike.
Da quando è nato il WSBK la Ducati ha portato ai massimi livelli possibili la sua bicilindrica; con la Panigale ha raggiunto un ottimo livello di competitività ma senza riuscire a battere, se non sporadicamente, le avversarie a 4 cilindri.
Ora non sappiamo se la decisione è calata dall’alto – AUDI? – o è stata semplicemente la voglia di battersi ad armi pari; certo è che se a Borgo Panigale si continuerà a lavorare, come hanno sempre fatto, per mantenere le caratteristiche di estrema sportività delle proprie moto è molto probabile che riusciranno a mettere in campo la moto “ultimate”, e allora saranno ancora una volta gli altri a dover rincorrere.
La cosa ha però suscitato reazioni sdegnate da parte dei ducatisti più radicali che si sono appellati alla tradizione “bicilindrica” della Ducati.
Di un 4 cilindri Ducati in SBK mi sono già occupato in questo blog di circa un anno fa.
Sull’aspetto dei valori tradizionali della Ducati mi sono soffermato più volte, anche polemicamente, e non mi ripeterò limitandomi a ricordare che tale presunta tradizione era stata già “tradita” con la presentazione della Desmosedici RR. Comunque, se qualcuno volesse rileggersi la mia opinione al riguardo la troverà qui.
Ma comunque la Desmosedici GP e la Desmosedici RR da essa derivata non sono le uniche quattro cilindri realizzate dalla Ducati. Voglio qui ricordare le altre realizzazioni meno fortunate.
APOLLO
Questa moto fu commissionata e finanziata, alla fine del 1961, da Berliner, noto ed importante importatore Ducati negli USA, che voleva proporla ai corpi di Polizia americani in alternativa alle Harley Davidson. Ecco perché tra le tante peculiarità di questa moto troviamo le ruote da 16”, imposte dalle specifiche della Polizia americana e che causarono tanti problemi agli pneumatici dell’epoca, visto il peso e la potenza in gioco.
La moto, classificata come D/B-V/4, era un 4 cilindri a V di 90°, vecchio pallino di Taglioni che già ai tempi dell’Università aveva portato avanti lo studio di un 250 4V.
Il motore era un superquadro (84,5 x 56) da 1257 cc, i cilindri separati, 4 carburatori, distribuzione aste e bilancieri, 5 marce, trasmissione finale a catena duplex, peso 270 Kg. L’impianto elettrico, compreso il motorino d’avviamento, era prelevato dalla FIAT 1100. L’architettura del motore e l’alettatura differenziata tra i cilindri verticali ed i cilindri orizzontali anticipavano le soluzioni che troveremo alcuni anni dopo sulla 750 GT bicilindrica, la prima maxi della Ducati entrata in produzione.
Il prototipo della Apollo, dotato di un serbatoio simile a quello del Diana 250, fu presentato nel 1963; erogava 80 CV a 6000 giri, con la possibilità di arrivare ai 100 CV per una ipotetica versione civile. Durante i collaudi emersero seri problemi agli pneumatici che indussero a ridurre la potenza a 65 CV, intervenendo sul disegno delle camme e adottando 2 soli carburatori.
La moto fu sviluppata fino a tutto il 1965; in quell’anno veniva esposta, con un’estetica modificata, alla Fiera di Daytona insieme ad una 500 bicilindrica il cui motore sembrava l’esatta metà posteriore del motore Apollo.
Il mancato accordo di fornitura con la Polizia americana, e la conseguente mancanza di fondi, ne bloccarono lo sviluppo. Il prototipo, inizialmente disperso, fu ritrovato nel 2000 in Giappone.
750/1000 RAFFREDDATO A LIQUIDO
Nel 1976 taglioni tornò a studiare la soluzione del 4V a 90° con un monoalbero desmo a cinghia dentata, raffreddato a liquido, 1 solo carburatore, basamento monoblocco a tunnel (retaggio delle esperienze con i diesel VM), previsto nelle cilindrate canoniche, 750 e 1000, dell’epoca.
Non andò mai in produzione per il veto del management statale che riteneva troppo elevati i costi di produzione.
BIPANTAH 1000
Tra il 1978 e il 1982 la coppia Taglioni-Mengoli riprende gli studi sul tema 4V a 90° con distribuzione desmodromica.
Questa volta il raffreddamento è misto aria/olio (anticipando così una soluzione che per alcuni anni sarà una prerogativa Suzuki). Il motore, che nella sua massima espressione erogava circa 130 CV, aveva la frizione a secco e le manovelle a 0°; praticamente era l’accoppiamento di due Pantah, da cui il nomignolo di Bipantah. Al momento del passaggio dalla gestione statale ai fratelli Castiglioni anche lo sviluppo di questo motore fu bloccato, questa volta più per ragioni di marketing (si voleva conservare l’identità del bicilindrico ad L) che di costi.
125 GP
Nel 1965, su richiesta della consociata spagnola Mototrans, Taglioni sviluppa un 4 cilindri in linea per la categoria 125 GP. E’ un bialbero a cascata d’ingranaggi, 2 valvole (venne studiata anche la soluzione del 4 valvole) con richiamo tradizionale a molle, raffreddato ad aria, 8 marce; il prototipo, collaudato da Farnè, sviluppava 23 CV a 14000 giri.
Non arriverà mai alle competizioni per mancanza dei fondi Mototrans. Farà solo mostra di sé in alcune Fiere Internazionali; in particolare venne esposta al Museo della Tecnica di Riga (URSS) da cui per intoppi burocratici non tornerà più in Italia. Poi nel 1999 un collezionista italiano riesce a riportarla in Italia; oggi dopo un accurato restauro è esposta al Museo Morbidelli. Questo esemplare è un 4 valvole.
MOTOTRANS MT250 GP
Questa moto, di cui era prevista anche una versione per la categoria 350, è in realtà una realizzazione autonoma della Mototrans progettata nel 1967 dall’ing. Aulo Savelli (già progettista del Benelli 4) e sviluppata dal tecnico Armaroli (ex Mondial, Benelli e Ducati), entrambi suggeriti da Spaggiari, prestato in quel periodo dalla Ducati alla sua consociata spagnola. Il motore era un 4 cilindri in linea, risultante dall’accoppiamento di due bicilindrici affiancati, infatti i cilindri erano in due blocchi di 2, la distribuzione era a 2 cascate di ingranaggi e gli alberi a camme erano 4.
La moto debuttò nelle prove del GP di Barcellona del 1967 alla guida dello stesso Spaggiari ma non ebbe un seguito agonistico.
LA 500 GP 4 CILINDRI IN LINEA MAI REALIZZATA
Nel 1971, parallelamente al progetto della 500 bicilindrica ad L, fu realizzato, in collaborazione con la famosa società di consulenza inglese RICARDO ENGINEERING, un motore 350 cc a tre cilindri, 4 valvole che però non ebbe seguito. Le indiscrezioni di stampa dell’epoca suggerivano che da questo motore sarebbe stata in seguito derivata una versione 500 a 3 o 4 cilindri.