In questa che è la settimana che ci porterà ad assistere all’86mo Gran Premio d’Italia di Formula1 abbiamo pensato di rievocare, in una piccola galleria fotografica al seguito di queste righe, il grande passato che ha reso questa categoria del mondo dei motori la più amata e seguita.
Lo facciamo grazie ad immagini scattate nel mese di Giugno scorso che ci hanno permesso di seguire a bordo pista la Coppa InterEuropa 2015.
Categoria magari sconosciuta alla massa ma molto seguita dagli appassionati di corse: ai possessori di vetture di F1 originali dagli anni ’60 agli anni ’80 dà ancora oggi la possibilità di cimentarsi lungo le piste presenti in Europa tra quelle iscritte nell’albo d’oro del passato, come Brands Hatch, Zandvoort, Digione, Nurbugring e appunto il fiore all’occhiello del nostro paese in fatto di motori, l’Autodromo Nazionale di Monza.
In un campionato patrocinato proprio dalla stessa F.I.A. che ultimamente sembra avere un po’ perso di vista i principi “base” che hanno reso la Formula1 così diversa e di successo rispetto alle altre categorie.
Tornando alla pista… abituati oramai al suono ovattato delle PowerUnit moderne risentire dal vivo un Cosworth DFV V8 montato su una Lotus 79 (con Mario Andretti campione del mondo nel 1978) fa un certo effetto…e non parliamo solo dell’effetto suolo che la accomuna alla Williams FW07 capace poi di imporsi nei titoli costruttori del biennio ’80-’81 con alla guida Alan Jones e Carlos Reutemann o alla Brabham BT49 con la quale Nelson Piquet ha vinto il suo primo titolo piloti nel 1981.
Non sono mancate vetture che affondano le loro radici negli anni precedenti: è il caso della Tyrrell 001, prima vettura interamente costruita dal team inglese dopo l’abbandono dei telai March per la stagione 1971, così come per vetture meno vittoriose ma rimaste negli occhi degli appassionati come la Shadow DN5 capace di firmare tre podi con il compianto Tom Pryce nonostante non fosse la vettura più veloce del lotto nelle annate ’75-’76.
O la March modello 761 con la quale Ronnie Peterson si impose nell’edizione del Gran Premio d’Italia del 1976 due anni prima di dover pagare il tributo più grande proprio sul circuito lombardo (in foto senza airscope nella versione guidata da, al tempo, Vittorio Brambilla), anni in cui anche un piccolo costruttore poteva sfidare un colosso come Ferrari o “garagisti” vincenti come i già citati Lotus e Tyrrell.
A proposito di quest’ultimo costruttore ci fa piacere ricordare anche il modello “011” portato alla vittoria nel GP di Detroit del 1983 dal grande Michele Alboreto (che tra l’altro aveva eletto proprio Ronnie Peterson come suo idolo personale): ultimo pilota capace di vincere con lo storico marchio inglese in un gran premio iridato e che, proprio sul tracciato brianzolo, nelle categorie Formula Monza e Formula Italia mosse i primi passi nel mondo delle corse prima di consacrarsi in Formula1 come eccellenza assoluta nel panorama mondiale con 5 vittorie, 23 podi, 2 pole position, 5 giri veloci e il titolo piloti sfiorato nel 1985 prima che l’affidabilità della Ferrari F1 156 tarpasse le sue ambizioni assolute.
I ricordi affiorano vedendo, vettura dopo vettura, intere generazioni di monoposto costruite per vincere in barba a flussometri, risparmio gomme con mescole imposte dal costruttore o telemetria a portata di mouse.
Speriamo che queste immagini regalino anche a voi un veloce tuffo nel passato, per una volta al di là dei risultati in pista scritti dai gentleman driver che portano lungo i circuiti europei questi pezzi da collezione perfettamente funzionanti con scarti di 4/5 secondi rispetto ai tempi sul giro originali firmati dai campioni del tempo.
Il distacco con la Formula1 attuale è ben più grande.