Capita di riparlare di un argomento lontano dalle luci dei riflettori, oggi é il caso della 1.000Miglia a qualche settimana dalla sua conclusione dell’edizione 2015.
Perché anche quest’anno la manifestazione ha portato in giro per l’Italia oltre 400 vetture che hanno fatto la storia di questa corsa (e del mondo dell’automobile) quando ancora veniva svolta su strade pubbliche dalla fine degli anni ’20 fino al tragico epilogo del 1957.
Una corsa che oggi vive ancora di competizione, anche se con formula che premia la costanza di prestazione tra le diverse prove più che quella assoluta del classico tempo sul giro o del minor tempo nel completare un numero finito di giri del circuito.
Ma che soprattutto mette in festa tutte le città toccate dal passaggio della gara.
E capace di richiamare non solo il pubblico degli appassionati ma anche chi si fa ancora affascinare da vetture e soluzioni tecniche “vecchie” quasi di un secolo senza le quali però oggi non vivremmo il mondo dell’automobile così come lo conosciamo.
Arrivata alla 38ma edizione come gara di regolarità (dal 1977) quest’anno ha avuto modo di creare un gemellaggio sportivo e organizzativo con l’Autodromo di Monza: per la prima volta infatti il tracciato brianzolo é stato teatro del passaggio finale a cronometro per piloti e vetture impegnati nelle ultime prove per l’assegnazione della vittoria finale.
Il merito va tutto ai due Automobile Club di Brescia e Milano.
Inedito anche il trofeo davvero speciale istituito per l’occasione per questa “prima” della 1.000Miglia a Monza: il trofeo Alberto Ascari, che rappresenta, come pilota, l’anello di congiunzione tra due mondi automobilistici (pista e strada) che si sono finalmente incontrati e da lui stesso corsi e vinti.
Nella storia di Ascari non sono mancati infatti due titoli mondiali piloti di Formula 1 (’52 e ’53 con Scuderia Ferrari) e la vittoria nella 1.000Miglia (1954 con Lancia).
E’ stata anche storica l’apertura dell’anello dell’alta velocità (dallo scorso anno riqualificato e messo in sicurezza) con le due sopraelevate a fornire terreno di caccia per i più regolari sul passo gara.
A completamento anche la prova a cronometro lungo il classico tracciato stradale, sede abituale del gran premio di Formula 1.
Ciliegina sulla torta per il pubblico la possibilità di accedere alla zona paddock e di poter toccare con mano le vetture, così come il poter interagire con piloti e VIP presenti per un saluto o anche solo per una foto ricordo.
Pubblico che non si é fatto attendere, anzi presente in gran numero, segno che quando un evento é ben organizzato e denso di contenuti il costo di un biglietto non é un deterrente ma solo un mezzo per accedere ad una festa attesa.
VIP della tv o personalità del mondo dei motori: é stato il caso di Cesare Fiorio (storico direttore sportivo di Lancia nei rally e poi di Ferrari in F1) impegnato alla guida di una bellissima Lancia Aurelia B20 del 1951.
Così come di Derek Bell che per l’occasione ha lasciato il volante immedesimandosi nel ruolo di navigatore su una Jaguar C-Type del 1953. Compito moralmente non facile per chi ha vinto cinque volte la 24 ore di Le Mans, tre quella di Daytona, senza dimenticare i due titoli mondiali World Sportcar e le numerose partecipazioni nella massima formula con Ferrari, McLaren, Surtees e Tecno.
Su due splendide e storiche Mercedes 300 SL del ’55 (con la classica apertura delle portiere ad ala di gabbiano) hanno trovato meritatamente posto anche figure più recenti come Karl Wendlinger (ex Sauber F1 e compagno di team di Schumacher e Frentzen in Mercedes ai tempi delle velocissime Gruppo C) e Bernd Maylander (pilota Safety Car F1).
Note di colore, per quanto tenui e slegate dal mondo del motore, con il protagonista della serie tv “MasterChef” Joe Bastianich in qualità di navigatore su Healey 2400 Silverstone del 1950.
La bellezza nel vedere radunate vetture con oltre mezzo secolo di vita alle spalle (e ancora perfettamente funzionanti) é stato uno spettacolo in sé.
Ma come in tutte le competizioni su quattro ruote é stato il cronometro a dare i responsi da iscrivere nell’albo d’oro della manifestazione.
Per la cronaca é giusto ricordare che la vittoria assoluta é andata all’equipaggio argentino Tonconogy-Berisso capace di vincere la manifestazione a bordo di una splendida Bugatti T40 del 1927.
A completare il podio due coppie italiane: Vesco-Guerini su Fiat Siata 514 MM del 1930 seguiti da Salviato-Moglia su un’altra Bugatti T40 ma registrata nel 1928.
Quest’ultima vincitrice del trofeo “Alberto Ascari” dedicato come detto alle prove cronometrate sul circuito brianzolo.
La 1000Miglia è stata definita da sempre come “La corsa più bella del mondo” e in questa occasione ha percorso l’asfalto del circuito che per antonomasia é rimasto l’ultimo e unico vero “Tempio della velocità”.
Ci fa piacere ricordare due frasi emblematiche di Enzo Ferrari che definì la corsa di 1.600km lungo il percorso Brescia-Roma-Brescia come “Il museo viaggiante più bello del mondo” ma che al contempo riconosceva al circuito lombardo una completezza tecnica capace di dare le risposte in pista ai tecnici come nessun’altra struttura ha mai saputo fare, perché per scoprire se una Ferrari era nata bene oppure no la regola era di provarla a Monza cronometro alla mano.
Tempi purtroppo andati nei quali parole “galleria del vento” o “telemetria” potevano tranquillamente essere considerate prese in prestito da un libro di Jules Verne.
Non resta ora che aspettare altri dodici mesi per rivedere uno dei più importanti pezzi di storia del mondo dell’automobile che ancora oggi sa affascinare, magari con un pizzico di nostalgia per una corsa che oggi sarebbe folle pensare svolta su strade pubbliche ma che quasi novanta anni fa radunava ai lati delle strade gli stessi occhi appassionati (o anche solo curiosi) di chi l’automobile non la viveva solo come un semplice strumento di trasporto.
VISUALIZZA LA FOTO GALLERY COMPLETA DELL’EVENTO (a cura di Massimo Lazzari Srl)