Dalle premesse si prospettavano un Campionato SBK ad altissimo livello ed un Motomondiale nel quale probabilmente avremmo dovuto aspettare la seconda parte della stagione per vedere una Ducati competitiva.
Ma poi la realtà dei fatti, almeno dalle prime avvisaglie, ha sovvertito tutti i pronostici.
E’ da molto che aspettiamo il ritorno alla vittoria della bicilindrica bolognese. L’ultima vittoria di una Ducati in SBK risale al 2012 con Guintoli a Magny Cours, una assenza dal gradino più alto del podio troppo lunga nella storia della bicilindrica in Superbike.
Quest’anno era lecito aspettarsi la riscossa di una Panigale ormai matura, al suo terzo anno di attività agonistica, altamente competitiva perché favorita (?) da un nuovo regolamento che limita fortemente la possibilità di interventi sulla meccanica e mette sullo stesso piano le 2 e le 4 cilindri in materia di pesi e limitazioni all’aspirazione (air restrictor).
Ci si aspettava inoltre un ulteriore vantaggio tecnico-regolamentare dal divieto di variare i rapporti al cambio (nella fattispecie la più penalizzata è l’Aprilia che perde così il vantaggio di avere il cambio estraibile); in teoria questo limite avrebbe consentito alle bicilindriche, notoriamente più dotate di coppia ai bassi regimi, di sfruttare questa caratteristica per uscire velocemente dalle curve anche in mancanza di rapporti adeguati.
Nei primi due round in Australia e Tailandia abbiamo visto invece una Ducati ancora in affanno; la Panigale ha mostrato di faticare a tenere il passo delle avversarie a 4 cilindri sui tracciati veloci e stop-and-go.
I due terzi posti dell’Australia si devono sicuramente alla caparbietà ed alla abilità di Chaz Davies ma era evidente che il pilota inglese della Panigale viaggiava al traino dei suoi due connazionali Rea ed Haslam; in particolare sul dritto si notava che la scìa gli era appena sufficiente per non perdere il contatto. In Tailandia invece non riusciva a tenere il passo dei primi e le due cadute sono sicuramente imputabili al fatto che era continuamente al limite, cercando di guadagnare in frenata e in percorrenza ciò che perdeva in accelerazione e velocità.
Queste le parole di Davies dopo le 2 gare in Tailandia: “Sono molto dispiaciuto per le gare di oggi. E’ stato molto difficile ed ho dovuto spingere molto, girando sempre al limite, per poter restare con gli altri. Il fatto che ci sono tre rettilinei ci ha proprio limitato qui oggi … Quando lotto con gli altri invece faccio molta fatica nella prima accelerazione e in rettilineo perdendo troppo terreno ed essendo poi costretto a forzare molto gli ingressi …”
Si può dare, forse semplicisticamente, una spiegazione a questa inferiorità prestazionale: nel definire il motore della Panigale la Ducati si è spinta su un rapporto corsa/alesaggio estremo che non ha dato quel vantaggio di potenza atteso e nel contempo l’ha privata dello “storico” vantaggio che aveva sui 4 cilindri in termini di coppia; d’altro canto le 4 cilindri non sono più quelle paciose pseudo sportive adattate alla pista che la Ducati batteva regolarmente e sonoramente ma sono ormai delle raffinatissime racer dotate di meccaniche sopraffine e di elettronica sofisticata, Aprilia e Kawasaki in particolare.
Cattivi segnali in attesa delle piste europee e d’altronde il limitato margine d’intervento concesso non alimenta speranze … e l’anno prossimo arriva la temibile Yamaha R1M totalmente rinnovata.
Che sia l’ora di passare al 4 cilindri anche per Ducati?
Al contrario in MotoGP l’ing. Dall’Igna, dopo un anno di studi in cui ha sfornato tre versioni della GP14, ha realizzato una moto dal layout totalmente rivoluzionato rispetto alla progenitrice.
E’ nata così la GP15 che già nei test di Sepang 2 prometteva bene.
Ma poi nel corso dei test in Qatar la moto si è mostrata in tutta la sua competitività, nonostante sia ancora da sgrezzare, rivelandosi veloce ed affidabile e questa ritrovata competitività è ancor più convincente se si tiene conto del fatto che il team di Borgo Panigale non ha sfruttato le extra-soft che pure il regolamento Factory con concessioni OPEN le avrebbe permesso di utilizzare.
Ed è stata tanto convincente che anche gli avversari, forse scaramanticamente, la considerano quantomeno una outsider già dalle prime gare.
Certo sono solo dei test però le premesse sono più che buone; hanno battagliato a suon di giri veloci con Marquez e hanno svolto anche dei piccoli long-run (scusate il bisticcio); è improbabile che i “fantastici 4” si siano tutti nascosti.
Nel corso della presentazione Gigi Dall’Igna si era posto un obiettivo ambizioso: vincere almeno una gara e lottare per il podio in ogni Gran Premio. Ricordiamo che la Ducati non vince una gara dal GP d’Australia del 2010 con Casey Stoner.
E noi ci uniamo alle speranze di Dall’Igna ma ancor di più a quelle dell’AD Domenicali che, nella stessa occasione, si augurava di ripetere la stagione dell’esordio, il 2003, di cui voglio ricordarvi brevemente le tappe più significative.
Il campionato 2003 parte dal Giappone a Suzuka; al via la Ducati di Capirossi balza al comando che mantiene per 4 giri terminando poi la gara al terzo posto, conquistando così il suo primo podio all’esordio. In Spagna, terzo Gran Premio della stagione, arriva la prima delle 3 pole position. E finalmente, alla 6°gara in Catalogna, arriva anche la vittoria. Il consuntivo di quell’anno ci dirà che la Ducati ha conquistato una vittoria, 9 podi, 1 giro veloce, 3 pole, Capirossi e Bayliss quarto e sesto assoluto in campionato e la Ducati al secondo posto nella classifica costruttori.
Ora solo le gare potranno dirci quanto vale veramente la GP15 al confronto con le avversarie più qualificate.
Ovviamente il lavoro di sviluppo continuerà, sfruttando ancora una volta le concessioni Open (12 motori, sviluppo continuo nel corso della stagione, 4 litri in più di carburante, gomme più morbide) e se dovessimo giudicare dai progressi che il gruppo di Dall’Igna è riuscito ad imprimere alla GP14 non dovremmo che essere ottimisti!
Molti ritengono che questa ritrovata competitività sia frutto delle concessioni OPEN; a mio parere il vero grande vantaggio è quello di poter sviluppare la moto nel corso di tutto il campionato utilizzando 12 motori non congelati, contrariamente agli avversari obbligati a congelare i soli 5 motori disponibili prima della partenza del Campionato.
Tralasciando il trascurabile vantaggio di 4 litri di benzina, rimane il vantaggio delle gomme più morbide. In realtà in qualche GP dove non sarà possibile usare la gomma più dura, come ad esempio in Argentina, le Ducati saranno svantaggiate. Improbabile invece la possibilità di usare in gara la extra-soft che potrà dare qualche vantaggio solo in qualifica.
Ed è opportuno ricordare che se la Ducati dovesse rivelarsi realmente vincente perderà progressivamente tutti i vantaggi della opzione OPEN, per perderli del tutto dal 2016.
Insomma non ci resta che aspettare con fiducia la gara del Qatar; lì si riveleranno i reali valori in campo.
Poi dal 2016 si riparte quasi da zero con due grosse novità: software unico per tutti e pneumatici Michelin da 17”.