A Napoli ancora oggi quando si vede qualcuno correre eccessivamente in moto o in macchina si usa spesso dire: “Mè pare Austin’ ò pazz'” (sembra Agostino il pazzo).
Questa espressione nasce da una storia dell’estate del 1970, una di quelle storie che forse solo Napoli può vivere; é la storia delle scorribande in sella ad una moto di Antonio Mellino, soprannominato “Agostino ‘O Pazzo” in omaggio a Giacomo Agostini che all’epoca spadroneggiava sui circuiti del Motomondiale ( ‘o pazzo perché il suo comportamento era alquanto originale e fuori da ogni canone).
Per inquadrare il personaggio fu scomodato addirittura il Manzoni nella sua descrizione di Fra’ Cristoforo: “Due occhi incavati eran per lo più chinati a terra, ma talvolta sfolgoravano con vivacità repentina; come due cavalli bizzarri condotti a mano da un cocchiere”.
Era l’anno dell’oceanico raduno di giovani all’isola di Wight; al governo c’era Emilio Colombo; la benzina era appena rincarata di 22 lire al litro.
Questi i fatti: nelle notti tra il 24 ed il 27 agosto del 1970 i Quartieri Spagnoli (uno dei quartieri più famosi e tipici di Napoli) furono teatro di scontri tra la gente del quartiere ed i Carabinieri sostenuti da un battaglione mobile inviato da Roma.
Una grande folla, prevalentemente gente dei Quartieri, si era raccolta in piazza San Ferdinando per aspettare questo giovane ed ancora sconosciuto motociclista che, moderno Masaniello in sella ad una Gilera 125, nelle notti precedenti tra il 18 ed il 23 aveva dato spettacolo con salti e impennate sbeffeggiando le forze dell’ordine che, con le loro Gazzelle (Alfa Romeo Giulia), invano lo inseguivano attraverso i vicoli dei Quartieri.
La folla impediva la circolazione e quando gli automobilisti, arrabbiati dal forzato stop, “osarono” protestare scoppiò il finimondo: botte e danneggiamenti delle auto in fila. A quel punto la polizia intervenne e i ragazzi armati di mazze ferrate e di sassi scesero di corsa dai vicoli a dar battaglia alle le forze dell’ordine.
Il caos di quella notte si ripeterà per altre tre di fila.
Alla fine degli scontri si registrarono 56 feriti, 59 arresti, 221 fermati e 700 agenti mobilitati per quasi una settimana a presidiare il centro e le strade di accesso a Napoli.
Tutto era nato da una protesta popolare nei confronti della polizia.
Nel solo mese di luglio i reati contro il patrimonio a Napoli erano stati oltre duemila, soprattutto scippi. Per arginare il fenomeno le autorità decisero di usare il pugno di ferro contro i ciclomotori, all’epoca esonerati dalla targa, pescati con più di un passeggero oppure irregolarmente elaborati. In meno di un mese furono sequestrati circa cinquecento motorini.
E a questo punto sale alla ribalta questo Masaniello anni ’70 che, con la sua guida spericolata e il giubbotto di finta pelle tipo Easy Rider, si erge a rappresentante della protesta popolare.
La sua moto è una Gilera 125 elaborata (o “truccata” come si usava dire all’epoca).
Dalla prima serata domenicale Agostino compare regolarmente nel centro di Napoli diventando l’incubo dei napoletani perbene e della polizia con le sue acrobazie e azioni di sfida: si racconta che abbia strappato la paletta dell’alt agli agenti di polizia stradale; che abbia sfidato i carabinieri con “pernacchie” nel cortile della caserma e che, al massimo della esaltazione, sia arrivato a sfilare al volo il cappello ad un Colonnello dei Carabinieri.
Ma nelle notti della sommossa “Agostino”, avendo intuito che le sue bravate avevano superato il limite, non si fece vedere.
A far finire tutto sarà poi la stessa malavita napoletana preoccupata dalla tensione creata intorno alla questione, una tensione che rallentava le attività dei borsaioli, dei contrabbandieri, delle prostitute e via discorrendo. In un attimo tutto cessò e si tornò alla normalità.
Ma ormai la sfida era stata lanciata e le forze dell’ordine riuscirono a scoprirne l’identità individuandolo appunto in Antonio Mellino, un giovane di 17 anni; poco dopo, in settembre, Antonio Mellino veniva arrestato.
Ma oltre ai guai giudiziari quella popolarità gli regalò anche un discreto, sia pur effimero, successo: fu scritturato per il film “Un posto ideale per uccidere” con Ornella Muti ed Irene Papas; ottenne alcune scritture come stuntman; fu ingaggiato anche da Holer Togni.
Per un certo periodo, sfruttando le conoscenze acquisite nel mondo dello spettacolo, si dedicò all’organizzazione di spettacoli. In gioventù tentò, senza successo, anche la via delle gare motociclistiche.
Oggi Antonio Mellino fa l’antiquario, mestiere ereditato dal padre, in via Tribunali, nel centro storico di Napoli, e abita in piazza dei Girolamini, nel palazzo in cui visse Giambattista Vico.
EDIT 16/02/2021 il racconto di Giorgio Terruzzi.