Mario Lega nasce il 20 febbraio del 1949 a Lugo di Romagna. Nel 1966 debutta nel Campionato Italiano Cadetti (classe 60); passato Juniores vince il Campionato Italiano di categoria nel 1971 con una Yamaha TD 250. In seguito conquisterà il titolo di Campione Italiano Seniores 350 nel 1974 e nel 1977, anno in cui conquista anche il mondiale in sella alla Morbidelli 250.
Vi abbiamo raccontato della sua carriera, ed in particolare del suo titolo mondiale, in un articolo pubblicato QUI su questo stesso sito.
Le sue caratteristiche principali, oltre alla velocità, sono state l’umiltà e la passione; nel 1973 viene assunto alla SIP (oggi Telecom) dalla quale si congederà, nonostante la conquista del titolo mondiale, solo nel 2004. Ritiratosi dalla attività agonistica si dedicherà al commento delle gare del Motomondiale per alcune riviste ed al ruolo di istruttore di guida.
Mario, grazie per la tua disponibilità e benvenuto su Italia On Road!
Iniziamo dal titolo mondiale; iniziasti la stagione da “semplice” privato poi un infortunio al pilota titolare, Pileri, ti portò in sella alla Morbidelli che poi tu stesso conducesti al titolo. Vuoi raccontarci come andò?
Mario Lega:
“Paolo Pileri si infortunò a Salzburgring, con la Morbidelli 350, la gara successiva era a Imola e lo Sponsor desiderava che la moto girasse almeno nella tappa Italiana. Decisero di cercare un sostituto momentaneo per tre gare, dando così la possibilità a Pileri di guarire. Lo stesso Pileri fece il mio nome, e io, che ero senza moto accettai. Ricordo che Giancarlo mi raggiunse telefonicamente e mi chiese a bruciapelo se avessi voluto guidare le sue moto a Imola: io mi lasciai cadere in ginocchio e cominciai a balbettare che si, avrei anche potuto farlo. Esordii con due secondi posti (350 e 250); la gara successiva a Jarama in Spagna agguantai il 5° posto, mentre in Francia al Paul Richard mi classificai 4°. Finita la convalescenza di Pileri mi sarei dovuto fare da parte, ma la gara di Abbazia era così vicina che decisero di farmi fare pure quella. Quella la vinsi e balzai al comando della classifica Mondiale: non si può lasciare a casa il capoclassifica così mi tennero fino alla fine, e Paolo si adoperò in mio favore senza che nessuno glielo chiedesse ufficialmente. Credo sia stato il più felice del mio risultato finale, dopo di me.”
Nel 1971, anno in cui conquistasti il titolo Juniores, vi furono una serie di polemiche dovute a presunte irregolarità della tua moto, ma tu riuscisti a dimostrarne la conformità al regolamento. Puoi chiarirci meglio questo episodio?
Mario Lega:
“L’uovo di Colombo! Le moto che partecipavano al campionato Juniores di quegli anni erano Aermacchi, Ducati e MotoBi. Leopoldo Tartarini titolare della Italjet e buon pilota di corse su strada (vinse Motogiro e Milano/Taranto) stava importando le Yamaha in Italia, per legge solo il modello 350. Per la fiera di Milano però, fece giungere anche i modelli 125 e 250 per far conoscere agli appassionati i prodotti Yamaha. Dopo la fiera decise comunque di vendere i modelli importati come esemplari unici. La 250 l’acquistò il suo Tipografo, Guido Fabbiani che la preparò subito per correre. Alla prima apparizione a Imola cadde, e tutti lo convinsero a desistere, per motivi di sicurezza (sua). La moto l’acquistai io e, dopo i giusti aggiornamenti del preparatore Riminese Luigi Anelli (pilota senior e amico di Kel Carruthers), riuscii a qualificarmi per le finali, non senza aver subito sberleffi per le magre iniziali. Vincendo la gara a Treviso, però, qualcuno cominciò a pensare che la moto fosse ipercompetitiva e a Monza, alla prima delle tre finali, tutti i piloti decisero di scioperare contro la mia moto. Il regolamento parlava chiaro, le moto che avrebbero potuto partecipare al CIV dovevano essere costruite e vendute in 200 esemplari visto che in Italia ce n’era solo una, si domandavano dove fossero gli altri 199 esemplari. Ad una più attenta lettura però, si scoprì che le case dovevano aver costruito e venduto 200 esemplari, ma non in Italia, ma in tutto il mondo e la Yamaha a quel tempo ne aveva venduto ben più di 200. Così i piloti furono convinti a partecipare, anche per prendere i soldi della diaria che a molti servivano per tornare a casa.”
Un altro evento che ha caratterizzato la tua vita agonistica è il mancato ingaggio per il 1978 con la Kawasaki che poi, nel biennio 1978/79, conquistò 4 titoli con Ballington. Cosa successe?
Mario Lega:
“Questo è forse l’errore più grande della mia carriera agonistica. Io ero amico di Mick Grant già in forze alla Kawasaki il quale, dopo la conquista del titolo mi disse: le prossime settimane stai vicino al telefono, ti potrebbero cercare dalla Kawasaki. Io restai vicino al telefono, ma questi non suonò mai. Firmai ancora con Morbidelli un contratto ridicolo (ma non avevo altre opportunità) e quando vidi Mick gli chiesi: non ha mica suonato il telefono! Lui rispose che i dirigenti Kawasaki furono impauriti dall’eventuale ingaggio che poteva chiedere un campione del mondo e optarono (senza sbagliare) per un più economico Kork Ballington, non sapendo che io avrei accettato qualsiasi cifra mi avessero sottoposto. L’errore? Fu di non andare all’ultima gara a Silverstone, io ero matematicamente campione e la Morbidelli non in grado di farmi partecipare alla gara … io andai al mare. Se fossi andato al GP inglese avrei parlato personalmente con i dirigenti togliendo loro ogni dubbio sul mio ingaggio.”
Delle varie moto che hai guidato nella tua vita, quali di queste ti hanno emozionato o ricordato un grande evento. Quale metteresti ai primi 3 posti e perché?
Mario Lega:
“La prima Yamaha TD2 che acquistai per esordire tra i professionisti nel 1972 mi diede grande emozione; appena arrivata salii subito in sella, sembrava fatta sulle mie misure, avevo il sangue in ebollizione già sul cavalletto. Il secondo posto spetta alla Morbidelli 250; quando la presi in mano a approcciai il comando del gas facendola salire di giri, ecco, la risposta del motore era rapidissima, mai provato una reazione simile con nessun altra moto, anche in quell’occasione dentro mi sentivo come quando si agita una Coca Cola e le bollicine vogliono far saltare il tappo…dai, dai quando si parte? Infine la Yamaha 750 con la quale partecipai solo ad alcune gare; litigai con la ruota anteriore che saltava come una capra facendo comunque registrare tempi competitivi, scoprimmo solo dopo diverso tempo di avere una gomma difettosa, ovalizzata. Una volta cambiato lo pneumatico il problema scomparve e i miei tempi migliorarono di un paio di secondi. Grande rammarico perché avrei potuto mettermi in mostra e partecipare alle gare della massima cilindrata, prolungando la mia carriera in modo diverso.”
Vuoi parlarci un po’ più dettagliatamente di quell’oggetto misterioso che fu la Morbidelli 350 e chi era Giancarlo Morbidelli?
Mario Lega:
“La mia preferita! La 350 progettata con le stesse caratteristiche della due e mezzo era, a mio avviso, più competitiva. I tecnici della Morbidelli però curavano molto più la 250 e non fecero il giusto sviluppo, soprattutto al telaio/sospensioni. Io ad Assen feci la pole in prova a pari merito con Fernandez e in gara dopo una partenza non fulminante, come era nello stile Morbidelli (si accendevano subito con soli due passi), raggiunsi i primi due al comando con una facilità disarmante, tanto che mi rilassai e decisi di non azzardare subito un sorpasso, aspettando comodamente il rettilineo successivo. Caddi come un “patacca” alla famosa variante e non vinsi un GP che credo, fosse facilmente alla mia portata.
Giancarlo Morbidelli un appassionato vero. Uno che si è fatto dal niente con ottima preparazione tecnica e intuito eccezionale. Intraprendente cominciò ad elaborare moto già in commercio, ma il suo indirizzo fu subito quello di essere lui il progettista. Ingaggiò diversi tecnici prima dell’intuizione Jorg Moeller che dal canto suo fu straordinario interprete della tecnologia a due tempi di quell’epoca, vincendo quattro titoli Mondiali. Senza Moeller, comunque, progettò la 500 quattro cilindri e costruì una 8 cilindri da strada veramente bella e compatta. Modesto e schivo ha un museo di moto che invito tutti a visitare.”
Delle gare a cui hai partecipato, hai un aneddoto particolare da raccontare?
Mario Lega:
“Di aneddoti ne ho svariati, però mi piace ricordare quello di SPA 77. Paolo Pileri era abituato, come me, a dormire prima della gara ma quel giorno, a pochi minuti dalla partenza, Paolo non si trovava. Stavamo già scaldando i motori quando il buon Paolo fece capolino dalla cabina del nostro furgone e con aria sorpresa disse: è già ora? Tutti si adoperarono per vestirlo e metterlo in sella più rapidamente possibile ma Paolo arrivò tardi e gli chiusero il cancello davanti al muso. Noi tutti partimmo per il giro di ricognizione e quando riaprirono il cancello Pileri entrò. Il direttore di gara fece “l’appello” e si accorse che Pileri non aveva fatto il warm up e gli intimò di uscire dallo schieramento. Paolo fece lo gnorri e non si spostò di un millimetro; intanto la procedura andava avanti, fuori i meccanici, 30 secondi, partiti! Al primo giro passando sul traguardo esposero la bandiera nera a Pileri, quindi aveva tre giri prima di fermarsi obbligatoriamente. Paolo, allora giocò d’astuzia. Io ero dietro a Villa e Katayama, Paolo si incollò alla mia ruota e nel punto più difficile, all’uscita di Malmedy un velocissimo curvone in salita, alzò il braccio segnalando che avrebbe rallentato per fermarsi, così facendo, però, fece perdere la scia dei battistrada a tutto il gruppo assicurandomi di fatto il terzo posto, cosa che si verificò puntualmente: quando si dice un compagno di squadra!”
Tra tutti i piloti che conosci o hai conosciuto, quale ammiri di più e perché?
Mario Lega:
“Il pilota della mia epoca che ho ammirato e cercato di copiare è stato Phil Read, quello che mi impressionò maggiormente fu Jarno Saarinen, soprattutto quando era un privato. Poi lo strabiliante Kenny Roberts; complici le gomme Goodyear (che aveva solo lui) sembrava facesse un’altro mestiere inarrivabile! Mentre Freddie Spencer è stato il più innovativo, anche lui imbattibile per tutti, inventò la tecnica di spigolare le curve, copiata da tutti.”
Vuoi esprimerci il tuo parere sulla differenza tra il motomondiale di 40 anni fa e quello attuale? Che evoluzione ha avuto?
Mario Lega:
“L’ambiente sembra peggiorato notevolmente, noi eravamo avversari in pista, ma più amici di ora fuori. Giocavamo a pallone, ci inventavamo scherzi e sfide di ogni tipo: divertimento puro. Tecnicamente. Di cavalli, quando le cilindrate erano le classiche erano raddoppiati, le gomme e i telai permettevano tempi inimmaginabili per noi, ora é l’elettronica è l’altro elemento che fa la differenza. Si è perso un po il concetto del pilota che riesce a domare i cavalli, invece l’elettronica permette anche ad un buon pilota di sembrare un fuoriclasse: tutto in nome della sicurezza.”
Infine una domanda proiettata al futuro: sappiamo che stai collaborando con il tecnico Nicola Bragagnolo ad un progetto che dovrebbe rivoluzionare il mondo del motorismo da competizione. Ce ne vuoi accennare almeno la filosofia ispiratrice?
Mario Lega:
“La filosofia è semplice: tutti dovrebbero poter correre in moto, non solo i ricchi o gli sponsorizzati. Ai miei tempi si comperava una moto usata e si iniziava a correre senza doversi svenare; si provava e se non funzionava si vendeva armi e bagagli e si faceva altro, Questo per dire che i costi sono talmente lievitati che un genitore per vedere se in casa ha un Valentino Rossi si deve indebitare fino al collo, senza avere certezze. Quindi Nicola Bragagnolo vuole mettere insieme categorie con motori “modulari” ovvero che abbiano più pezzi possibili in comune. Come primo acquisto non devono costare più di 20.000€ (un camper o un gommone una roulotte per fare esempi di spese famigliari di divertimento) e mettere in piedi quattro categorie. Partendo da un 250 (con base Honda già in commercio) fare una PreGP depotenziata, con un kit di massimo 5.000 € fare la Moto 3, poi un bicilindrico a V con le stesse termiche del 250 e la maggioranza di pezzi condivisibili, per la classe intermedia (Moto 2) infine, lo stesso bicilindrico sovralimentato (perché no con ausilio di un motore elettrico) per la MotoGP. In questo modo tutte le marche potrebbero costruire questi tipi di moto con costi che non superino quelli enunciati, dando modo di comperare (e non affittare) le moto da corsa che rinfoltirebbero in breve tempo pure il mercato dei privati, consentendo a tutti di avvicinarsi al motosport da corsa.”
Mario, ti ringrazio per averci concesso questa intervista. Prima di salutarci vuoi accennare ai tuoi impegni per il 2015?
Mario Lega:
“Prego! Nessun impegno, sono badante 24/24 dei miei anziani genitori che assisto amorevolmente. Se potrò dare una mano a Nicola Bragagnolo sarò ben lieto di collaborare a far tornare sulla terra il Motosport a 2 e 4 ruote.”