I campionati nazionali – CIV italiano, CEV spagnolo, BSB inglese, FSBK francese, IDM tedesco e così via – hanno la funzione primaria di scoprire e aiutare a crescere i giovani talenti, i campioni del domani.
Il campionato spagnolo da anni fa la parte del leone, tanto che oggi si parla di una scuola spagnola che ha portato alla ribalta piloti come Barbera, Bautista, Elias, i fratelli Espargaro, Lorenzo, i fratelli Marquez, Pedrosa, Rabat, Rins, Salom, Simon, Terol, Vinales che nell’arco degli ultimi quindici anni circa hanno progressivamente monopolizzato le classifiche del motomondiale in tutte le classi.
Ma come mai il CEV è tanto più prolifico del CIV, suo omologo italiano, e degli altri campionati nazionali?
Certo non è un caso, in Spagna hanno saputo creare, con il supporto della DORNA e con il coinvolgimento di nomi importanti come Nieto, Pons, Puig, Alzamora, Martinez, un sistema attorno al motociclismo agonistico costituito da selezioni a livello nazionale, scuole, campionati minori, sponsor, team e tecnici.
In pratica la carriera dei futuri campioni viene programmata seguendo il pilota passo dopo passo, a partire dalle selezioni.
Ricordiamo poi che il CEV, che da quest’anno ha assunto l’ufficialità della FIM (Federazione Motociclistica Internazionale), è gestito dalla DORNA – l’organizzatore spagnolo che già detiene i diritti del Motomondiale e del WSBK – in collaborazione con la RFME (Federazione Motociclistica Spagnola) con il supporto dello sponsor Repsol.
Sulla spinta di questa “promozione” è ormai certo che nel calendario 2015 saranno inserite gare fuori dal territorio iberico (già quest’anno erano in calendario Le Mans, in occasione del GP, e Portimao) con trasferte in Olanda, Germania ed Italia.
Un campionato, dunque, che tende ad assumere sempre più una connotazione internazionale, un vero e proprio Mundialito; ed in effetti già da tempo partecipano al CEV piloti provenienti da tutto il mondo e molti team che partecipano al Motomondiale hanno un proprio junior team in questo campionato che viene ormai considerato la via di acceso privilegiata per il Campionato del Mondo.
Per questi motivi il Campionato Spagnolo è destinato a sostituire di fatto il decaduto Campionato Europeo e, molto probabilmente, ad ospitare anche un Campionato del Mondo Moto3 Junior.
Chiedendosi dunque quale sia la differenza tra la scuola italiana e la scuola spagnola la risposta è abbastanza semplice: i piloti spagnoli dell’ultima generazione sono il prodotto della lungimirante politica della Federazione Spagnola nei riguardi dei giovani che si esprime ricercando talenti inespressi e curandone la crescita accompagnandoli fino al massimo campionato mentre la nostra Federazione “premia” chi ha già avuto la possibilità di scendere in pista di propria iniziativa ed a proprie spese e di mostrare così le proprie doti, ma non crea nuove opportunità.
In Spagna, una volta selezionati, i migliori esordienti vengono seguiti da ex campioni quali Alzamora, Martinez, Nieto, Pons, Puig, Aleix Espargaro che con la loro esperienza e con il loro carisma riescono a portarli fino ai massimi vertici; non nego che il loro impegno non sia esclusivamente all’insegna del mecenatismo e dell’amore per lo sport, ma i risultati in ogni caso danno loro ragione. In Spagna vi sono molti team che dispongono di sponsor e di budget adeguati per potersi permettere di far crescere i giovani piloti senza chiedere l’aiuto delle loro famiglie o dei loro sponsor personali.
In Italia, che pure ha una sua tradizione di grandi campioni, emergono più difficilmente i nuovi campioni perché non esiste un percorso che li accompagni fino al mondiale solo grazie al loro talento; purtroppo a molti dei nostri giovani piloti vengono richieste risorse economiche delle quali ben pochi possono disporre aprendo così la strada prevalentemente ai piloti dotati di “portafoglio” piuttosto che a quelli dotati di talento.
Mi sento perciò di “catechizzare” tanti nostri ex piloti come Agostini, Bianchi, Cadalora, Capirossi, Casanova, Chili, Debbia, Gramigni, Lazzarini, Lucchinelli, Lusuardi, Reggiani, che potrebbero mettere al servizio dei giovani e della Federazione la loro esperienza per rilanciare la scuola italiana di motociclismo agonistico. E spero che anche Cecchinello, Goi e Gresini, oggi team manager di successo, possano elaborare politiche di sostegno ai piloti italiani. Ovviamente non ho citato Rossi, Locatelli e Ferrari che sono già impegnati a sostegno dei giovani piloti italiani.
Ma non basta: correre in Spagna costa meno che in Italia, si gareggia su almeno 4 circuiti che ospitano gare iridate, il calendario non ha mai prove concomitanti con il Motomondiale (e questo permette ai team partecipanti al mondiale di partecipare alle gare nazionali con moto che garantiscono prestazioni di elevato livello).
In definitiva è normale che il livello medio dei giovani piloti italiani sia inferiore a quello degli spagnoli perché il trend di crescita di un pilota si adegua, inevitabilmente, al livello medio della competizione.
Alla domanda sul perché il CEV riesca a formare con questa facilità i campioni del futuro, Jorge Martinez (4 titoli mondiali ed oggi proprietario del team Aspar) ha così risposto: “Quando io ho iniziato a correre nel campionato spagnolo, i miei avversari erano Nieto, Tormo e tanti altri campioni; se riuscivi a batterli sui circuiti di casa, forse potevi pensare di farlo un domani anche nei GP”, e cioè che i nuovi talenti emergono se la competizione è di alto livello. Ne abbiamo visti campioncini nazionali esaurirsi come meteore appena approdati all’agone mondiale.
Io stesso, in una mia nota, ricordavo che il campionato italiano raggiunse i suoi massimi livelli quando era aperto alla partecipazione degli stranieri: negli anni ‘60 partecipavano alle nostre gare, che spesso si disputavano su semplici circuiti cittadini, campioni di livello internazionale stranieri come Hailwood, Read, Ivy e italiani come Agostini e Pasolini.
Infine l’aspetto promozionale e mediatico: alle gare del CEV si accede senza pagare l’ingresso, la copertura mediatica è molto curata, le gare vengono trasmesse in TV in chiaro (e come abbiamo già detto non sono concomitanti con quelle del mondiale). In questo modo si allarga la popolarità di questo sport, e del campionato in particolare, e si attira l’attenzione degli sponsor innescando così un circolo virtuoso.