Il Gran Premio d’Italia 1961 si svolse il 10 settembre.
La gara fu vinta da Phil Hill su Ferrari 156, che nell’occasione si laureò Campione del Mondo, seguito da Dan Gurney su Porsche e da Bruce McLaren su Cooper-Climax.
Ma purtroppo la gara sarà ricordata per uno dei più drammatici incidenti della storia della Formula 1, quando durante il secondo giro il ferrarista Wolfgang von Trips, favorito nella corsa al titolo, all’ingresso della parabolica venne tamponato dalla Lotus di Jim Clark, perse il controllo dell’auto e, dopo due terribili testacoda, volò ad oltre duecento chilometri all’ ora contro la rete di protezione piombando come un missile tra gli spettatori.
Fu una carneficina. Von Trips venne scaraventato fuori dall’ auto e finì sulla pista dopo un volo di venti metri. La sua Ferrari, dopo aver seminato la morte (saranno tredici le vittime e una ventina i feriti), rotolò di nuovo in pista. Jim Clark riuscì ad evitarla, Gerald Ashmore la centrò in pieno, ma il pilota inglese non riportò ferite gravi. La direzione di gara decise di non fermare la corsa, presumibilmente per non intralciare i soccorsi ai feriti.
Il Gran Premio d’Italia del 1970 si disputò il 6 settembre.
Il sabato 5 settembre, nel corso delle prove di qualificazione, il pilota della Lotus, l’austriaco Jochen Rindt, alla staccata della Parabolica perdeva il controllo della monoposto andando ad impattare contro il guard-rail.
L’incidente avrebbe potuto avere conseguenze meno drammatiche perchè l’angolo di impatto fu abbastanza stretto ma purtroppo la ruota anteriore sinistra andò ad incastrarsi al di sotto del guard-rail a causa di una buca scavata, molto probabilmente, da qualche tifoso che intendeva entrare in pista. La monoposto, bloccata in un solo punto, subì una rotazione repentina e quindi una decelerazione tanto violenta da strappare le cinture di sicurezza; il pilota fu proiettato violentemente contro il volante subendo lo sfondamento dello sterno. A causa della distruzione totale della parte frontale della monoposto il pilota subì gravissimi danni agli arti inferiori; in particolare il piede sinistro venne separato di netto dalla caviglia. Il medico intervenuto constatò che non vi era fuoriuscita di sangue: in pratica l’arresto cardiaco era stato immediato. La corsa in autoambulanza si rivelerà inutile: Rindt morirà pochi minuti dopo senza riprendere conoscenza.
Le reali cause dell’incidente non furono mai chiarite veramente ed ancora oggi restano ignote. All’epoca furono fatte due ipotesi: un guasto all’impianto frenante o un cedimento strutturale del porta mozzo.
In quella fase del Campionato Rindt era in testa alla classifica e, malgrado la fine prematura, vi rimase fino alla fine diventando il primo, ed unico, campione del mondo di Formula 1 alla memoria (un caso analogo si era verificato nel 1954 quando il pilota austriaco Rupert Hollaus perse la vita durante le prove del GP motociclistico delle Nazioni a Monza (!) ma, avendo già matematicamente vinto il titolo della 125 con la NSU, fu dichiarato Campione del Mondo alla memoria).
Per la cronaca il GP fu vinto da Clay Regazzoni su Ferrari.
Il Gran Premio d’Italia 1978 si corse la domenica 10 settembre.
La gara fu caratterizzata da tre start.
La prima partenza venne invalidata perchè si verificò un grave incidente che coinvolse diversi piloti, tra cui Ronnie Peterson che in seguito alle ferite perse la vita.
Il secondo start fu dato due ore dopo, alle 17:30 ma durante giro di allineamento Scheckter andò a sbattere contro il guard-rail alla seconda di Lesmo; probabilmente shoccati dall’incidente di Peterson i piloti pretesero la riparazione delle barriere, ottenendo così un secondo rinvio della partenza.
Finalmente, alle 18:15, fu dato lo start definitivo alla gara che fu ridotta a soli 40 giri essendo in prossimità dell’imbrunire.
Il Gran Premio fu vinto da Niki Lauda su Brabham-Alfa Romeo davanti al compagno di team John Watson e a Carlos Reutemann con la Ferrari 312 T3. In realtà erano giunti primo e secondo al traguardo Mario Andretti con la Lotus-Ford Cosworth e Gilles Villeneuve con la Ferrari ma furono penalizzati di un minuto per partenza anticipata, venendo così retrocessi al sesto e settimo posto.
Nonostante la penalizzazione Mario Andretti si laureò Campione del Mondo in quanto l’unico che avrebbe potuto contrastarlo era proprio il compagno Ronnie Peterson.
Ma ricordiamo la dinamica dell’incidente. Al primo start il direttore di gara dette il via con un leggero anticipo, senza tener conto delle vetture in fondo allo schieramento che non erano ancora del tutto ferme.
Alla chicane si verificò un impatto tra Hunt e Peterson: la monoposto dello svedese andò a schiantarsi contro il muretto di collegamento con la pista junior e, dopo essere stato colpita dalla Surtees di Brambilla, prese fuoco fermandosi poi in mezzo la pista con l’avantreno disintegrato.
Peterson fu estratto dalla vettura ancora vivo e cosciente, ma con sette fratture alla gamba sinistra e quattro alla gamba destra.
Trasportato all’ospedale Niguarda fu sottoposto ad un intervento per ricostruirgli gli arti inferiori durato più di sei ore, ma la mattina seguente fu colpito da embolia grassosa (conosciuta anche come lipidica o adiposa) che ne causò il decesso.
Riccardo Patrese, per diverso tempo fu ritenuto responsabile dell’episodio, solo dopo alcuni anni venne scagionato.
La colpa fu imputata al fatto che il “via” fu dato troppo presto, generando il fatale imbottigliamento che le ultime auto non si erano ancora allineate.