Anche se i risultati agonistici degli ultimi anni non sono all’altezza della sua fama di marchio votato alla immagine di moto sportiva, i risultati commerciali confermano il forte appeal di queste moto costruite da circa 70 anni in un quartiere periferico di Bologna: Borgo Panigale.
Stiamo parlando ovviamente della DUCATI.
Da cosa trova origine questa fede che porta tanti motociclisti a seguire con passione le vicende agonistiche della casa bolognese ed a “rifiutarsi” di cavalcare qualunque altra moto che non sia prodotta a Bologna?
Sicuramente l’originalità derivante da scelte tecniche fuori dai canoni – il comando della distribuzione ad alberello verticale e coppie coniche, la distribuzione desmodromica, il bicilindrico ad L, la frizione a secco, il telaio a traliccio, il telaio scatolato a motore portante – e la forte connotazione sportiva derivante da una impostazione progettuale originale: a partire dalle gloriose GS 100/125 le Ducati vengono “pensate” come moto da competizione convertite all’uso stradale, esattamente l’opposto della prassi seguita dagli altri costruttori.
Questo approccio dona alle moto bolognesi una personalità ed un fascino particolari, forse inspiegabili, che le distingue da tutte le altre, anche quelle più sportive.
Dai suoi affezionati ammiratori sono stati coniati nuovi termini: DESMO, DUCATISTA, ROSSA A DUE RUOTE (per un non irriverente parallelo con la rossa a 4 ruote, la Ferrari) che oggi sono entrati nel lessico dei motociclisti.
La Gazzetta dello Sport vuole rinverdire i successi passati di questa gloriosa casa motociclistica ripercorrendone la storia, a partire dai primi anni ’20 quando la motocicletta non era ancora contemplata nella “mission” aziendale, attraverso la pubblicazione di 8 volumi suddivisi in un originale format monotematico, in edizione bilingue con cover cartonata, ognuno dei quali riporta all’interno: fotografie inedite, schede delle moto, schizzi dei prototipi e con i testi curati dalle firme più importanti de La Gazzetta dello Sport.
L’opera, intitolata “Ducati – Passione italiana”, uscirà in edicola, con cadenza settimanale, a partire dal 18 luglio, per finire con l’ultima del 5 Settembre.
Per conoscere dettagliatamente i contenuti dell’opera ed il calendario delle pubblicazioni, o anche per effettuare l’acquisto on-line, vi invitiamo a consultare lo Store della Gazzetta http://goo.gl/dpdBsA .
Anticipando i contenuti dell’opera vogliamo qui ricordarvi le tappe fondamentali di questo glorioso costruttore.
Come abbiamo già detto la Ducati non è stata sempre una vessillifera del made in Italy motociclistico; come altre case motociclistiche italiane (Aermacchi, Caproni, MV Agusta, tutte di origine aeronautica) anche la Ducati in origine aveva un indirizzo industriale diverso e si convertì al motociclismo nel dopoguerra per riprendersi dai disastri della guerra rispondendo alla forte richiesta di mezzi di locomozione individuale particolarmente economici.
Le origini della Ducati risalgono al 1926 quando i tre fratelli Bruno, Adriano e Marcello Cavalieri Ducati fondano la SRS (Società Scientifica Radio Brevetti Ducati) impegnata nella produzione di componentistica radiotecnica. Il primo prodotto di successo fu il condensatore variabile MANENS.
I primi successi permisero investimenti per lo sviluppo di altre apparecchiature elettrotecniche; nel 1935 venne inaugurato lo stabilimento di Borgo Panigale dove venivano prodotti occhiali, calcolatrici, macchine fotografiche, interfono, rasoi elettrici, apparecchi radiofonici.
Ducati si espande in tutto il mondo ed apre sedi e filiali a Londra, Parigi, New York, Sidney e Caracas.
Nel 1938, nell’era fascista, la fabbrica viene convertita alla produzione di materiale militare; durante la seconda guerra mondiale viene occupata dai tedeschi prima e poi distrutta dai bombardamenti alleati; la ricostruzione terminerà solo nel 1962.
Dopo la guerra Bruno Ducati acquisisce dalla SIATA i diritti di fabbricazione del motore ausiliario Cucciolo gettando così le basi per il nuovo corso produttivo Ducati. Nel settembre 1946, alla Fiera di Milano, compare il “Cucciolo”: il piccolo motore ausiliario per biciclette più famoso nel mondo, che presto diventa una vera e propria motocicletta in miniatura.
Nel frattempo difficoltà finanziarie porteranno la Ducati sotto il controllo statale e la conseguente fuoriuscita dei fratelli dall’azienda.
Nel 1954 la Ducati viene suddivisa in due società distinte: Ducati Meccanica e Ducati Elettrotecnica che verrà assorbita dal gruppo Zanussi. Dopo alterne vicende ancora oggi a Bologna opera una società Ducati Energia.
Ma il vero momento di svolta è l’avvento dell’ingegner Fabio Taglioni, “doctor T“, che, assunto in Ducati nel 1954, realizza motori dalle caratteristiche tecniche originali e dalle prestazioni sbalorditive, destinati alle competizioni. Crea infatti le Gran Sport, denominate Marianna, di 100 e 125 cc.
Suo è il progetto del sistema desmodromico.
Il 6 luglio 1958 la Ducati ottiene il primo successo nel Motomondiale, a Spa-Francorchamps, con Alberto Gandossi in Belgio in sella alla Ducati 125.
Con il 1964 si apre l’era del monocilindrico 250; la massima espressione di questa famiglia sarà la “Mach 1 “.
Alcuni anni dopo è il momento della “Mark 3D“, la prima Ducati di serie dotata di distribuzione desmodromica, e dello Scrambler che ottiene grande successo sia in America, sia in Italia.
Il 1972 è l’anno della 750 bicilindrica desmodromica: dal vittorioso modello da competizione che consegna una sensazionale ed inaspettata vittoria alla 200 miglia di Imola, verrà tratta una eccezionale 750 sportiva, la “Super Sport” che inaugura la dinastia di Ducati con motori ad L, che continua tutt’oggi.
La gestione pubblica si rivelerà un fallimento completo dal quale la rossa risorge grazie alla CAGIVA dei fratelli Castiglioni che la acquistano nel 1984.
Nel 1988 Marco Lucchinelli porta al debutto la “851″, realizzata dall’Ing. Massimo Bordi; nel 1990 Raymond Roche vince il mondiale superbike in sella alla 888; da quel momento saranno continui trionfi nella categoria.
Il 1993 è l’anno del “Monster“, nato dall’ingegno di Miguel Galluzzi.
Nel 1994 la Ducati rivoluziona il mercato con la “916“, una sportiva ad alte prestazioni che coniuga tecnologia e stile, prestazioni e bellezza, e che ottiene il titolo di “Moto dell’anno”.
A seguito di un tracollo finanziario la Ducati viene rilevata dal fondo americano Tpg nel settembre 1996 che la riporta in attivo per poi cederla al gruppo finanziario che fa capo alla famiglia Bonomi che a sua volta la cederà, nel 2012, al gruppo VW.
Dopo una miriade di titoli conquistati in SBK la Ducati decide di compiere il grande salto e nel 2003 partecipa al Motomondiale nella categoria MOTOGP; nel 2007 vincerà con Casey Stoner il Titolo Mondiale.
Dalla prima fabbrica all’era digitale, dalle moto economiche e spartane delle origini, agli autentici ‘miti’ tecnologici di oggi, la Ducati ha portato il marchio motociclistico made-in-Italy nel mondo con le moto, le sue vittorie ma anche con tante iniziative tese a diffondere il marchio nel mondo, dai corsi di guida, al business dell’abbigliamento e dell’accessoristica after-market, al Museo fino alla esperienza memorabile dei WDW (World Ducati Week).
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