La distribuzione desmodromica, adottata negli anni ’50 dalla Mercedes prima e dalla Ducati poi, era un sistema poco diffuso perché di complessa e difficile realizzazione anche se aveva il vantaggio di eliminare le molle di richiamo delle valvole, a quei tempi fonte di infiniti guai per la difficoltà di reperire acciai speciali in grado di resistere ai regimi dei motori da competizione.
Non a caso a quei tempi venivano quasi di prassi adottate molle a spillo allo scoperto perché, in caso di rottura, esse potevano essere sostituite agevolmente senza dover smontare la testa; a conferma di ciò meccanici e piloti (!) che portavano in gara le Marianne nelle competizioni di gran fondo erano attrezzati con delle pinze specifiche per la sostituzione rapida delle molle.
Inoltre eliminava i problemi di sfarfallamento agli alti regimi causato da una sfollata o una staccata al limite; tale problema è oggi praticamente inesistente grazie ai limitatori di giri.
Ma una distribuzione desmodromica comporta ulteriori e ben più importanti vantaggi:
1) consente diagrammi molto spinti che prescindono dalle caratteristiche elastiche delle molle;
2) riduce significativamente la potenza assorbita nella fase di compressione delle molle.
Della superiorità delle distribuzioni desmodromiche non è convinta solo la Ducati ma anche tecnici di chiara fama: nel 1995 il professor Gordon P. Blair -professore emerito presso l’Università Queen’s di Belfast, nonché membro di varie associazioni scientifiche, consulente per molte aziende motoristiche, consulente per le federazioni internazionali Motonautica (UIM) e Motociclistica (FIM) – chiamato dalla FIM a pronunciarsi sui regolamenti tecnici della SBK, sancì la superiorità del sistema desmodromico dimostrandola con calcoli matematici.
Come è realizzata
Nei motori 4T con distribuzione a molle l’apertura delle valvole è comandata da una camma che, agendo sullo stelo della valvola direttamente oppure tramite un bilanciere, la spinge verso l’interno del cilindro. La chiusura della valvola avviene tramite l’azione di una molla di richiamo, montata coassialmente alla valvola stessa.
In un motore a distribuzione desmodromica invece anche la chiusura della valvola è comandata mediante l’azione di una camma e di un bilanciere conformato “a forchetta”.
In realtà in una distribuzione desmodromica le molle non vengono del tutto eliminate ma vengono installate molle a basso carico che servono unicamente ad eliminare gli eventuali giochi dovuti all’usura e/o voluti per compensare le dilatazioni termiche; altro obiettivo di queste a molle è di mantenere la giusta pressione di contatto tra valvola e sede quando la valvola è chiusa evitando, tra l’altro, che sia risucchiata dalla depressione che si crea nel cilindro.
In pratica le valvole sono “costrette” a seguire rigorosamente la legge del moto prevista in fase di progetto anche ad alti regimi con benefico effetto sui fenomeni fluidodinamici derivanti dalle fasi di aspirazione e scarico.
In questa animazione, tratta da youtube (Autore: Andrea Rocchi classe 5B Meccanica a.s.2009/10
Tutor: prof. Andrea Burnelli), appare chiaro il funzionamento della distribuzione desmodromica:
Poiché il sistema è rigido le due cammes dovranno avere i profili coniugati (il profilo di chiusura viene definito con leggi inverse a quelle che hanno stabilito il profilo di apertura) per evitare attriti anomali tra valvola, camma e bilanciere .
Rendimento termodinamico
Grazie al sistema desmodromico è dunque possibile impiegare diagrammi di distribuzione molto spinti, impensabili per un sistema tradizionale. Nel diagramma di un motore desmo, possiamo infatti imprimere alle valvole una elevata accelerazione ed ottenere così aperture e chiusure delle valvole molto repentine.
Potendo disporre di aperture e di chiusure particolarmente veloci è possibile mantenere le valvole per più tempo alla massima apertura a parità di fasatura oppure adottare fasature più strette, con una eguale sezione di passaggio complessivamente a disposizione dei gas; si ottengono così miglioramenti nel flusso dinamico dei fluidi sia in aspirazione che allo scarico e quindi maggiore performance del propulsore.
Nel primo caso avremo vantaggi sulle performance assolute del motore mentre nel secondo caso avremo conseguenze positive sull’andamento dell’erogazione.
Questo è il motivo per cui la Ducati sui modelli più turistici ha potuto realizzare un motore con un incrocio di appena 11° pur fornendo prestazioni di tutto rispetto.
Rendimento meccanico
Come abbiamo già visto il sistema desmodromico, venendo a mancare la resistenza elastica di reazione delle molle, assorbe meno energia rispetto ad un sistema tradizionale, migliorando così le prestazioni del motore per efficienza meccanica.
Per verificare questa asserzione c’è un sistema empirico ma efficace: se si fa girare a mano l’asse a camme di una testata con una normale distribuzione a molle, ad un certo punto si avverte una forte resistenza, dovuta al fatto che si sta comprimendo la molla della valvola di aspirazione (o di scarico) che inizia ad aprirsi. Successivamente l’albero a camme tende a “scattare” nella sua rotazione in quanto la molla restituisce energia, distendendosi (la valvola si sta chiudendo). Lo stesso avviene subito dopo per la valvola di scarico (o di aspirazione).
C’è dunque un susseguirsi di assorbimenti e di restituzioni di energia.
Se si fa la stessa operazione con una testa desmo, non si avverte praticamente alcuna resistenza durante la rotazione.
C’è poi da considerare l’assorbimento dovuto agli attriti; esso risulta essere proporzionale al numero di giri del motore, cosa che permette, a differenza di azionamenti tradizionali, minori perdite ai bassi e medi regimi (la molla invece deve essere tarata per le condizioni di massimo carico).
Occorre fare i conti anche con le forze d’inerzia; la potenza necessaria per azionare un sistema convenzionale aumenta con legge lineare, in funzione del regime di rotazione, mentre quella occorrente per comandare una distribuzione desmodromica aumenta con legge esponenziale. Col desmo l’assorbimento è quindi minore ai regimi bassi, in corrispondenza dei quali le forze d’inerzia sono di entità contenuta, ma da un certo regime in poi può diventare maggiore di quello di una distribuzione a molle.
Il modesto assorbimento energetico delle distribuzioni desmodromiche ai bassi regimi ha evidentemente un effetto positivo anche sui consumi.
Il rovescio della medaglia
Tra gli svantaggi più evidenti delle distribuzioni desmodromiche nei confronti di quelle a molle spicca la maggiore complessità meccanica, che si traduce anche in un costo di fabbricazione più elevato e in regolazioni più accurate e frequenti.
Nel caso dei motori da competizione questa voce non ha molta importanza, ma ad essa si contrappone il fatto che le valvole pneumatiche sono estremamente semplici e consentono la realizzazione di teste molto compatte. E in fin dei conti consentono di ottenere risultati perlomeno analoghi, in termini prestazionali.
Questi sono sicuramente motivi più che validi per far si che le grandi case produttrici giapponesi, a differenza della Ducati, non lo ritengano un buon investimento e preferiscono puntare a sistemi più adeguati alla produzione di grande serie.
Non dimentichiamo infatti che la Ducati produce all’incirca 40 mila moto all’anno ed è orientata ad un prodotto “premium”, mentre i colossi giapponesi hanno produzioni nell’ordine delle centinaia di migliaia se non di milioni.