Nella sua storia, più che decennale, la Ducati Desmosedici ha diviso l’opinione dei tifosi in particolare quelli esaltati dalle vittorie di Capirossi prima e di Stoner dopo che poi gli stessi si sono schierati contro i sostenitori di Rossi che ha raccolto ben poco nel biennio 2011/2012.
La storia dell’ultimo decennio ci dice che in tutte le sue versioni la moto si è rivelata molto potente ma anche particolarmente scorbutica e difficile da gestire; solo Capirossi e Stoner possono vantarsi di averla domata al proprio volere.
Quando fu istituita la MotoGP (990cc) la Ducati colse l’occasione di misurarsi con le grandi giapponesi nella ribalta più prestigiosa del motociclismo mettendo in campo la grande esperienza maturata sui motori a 4 tempi con le SBK.
Un veloce riassunto sui gran premi ad oggi:
Il debutto in gara avviene nel 2003 con Capirossi e Bayliss. I risultati saranno più che soddisfacenti, addirittura sorprendenti per una debuttante assoluta: già ai test IRTA sul circuito di Catalunya Capirossi registra il miglior tempo; poi viene il terzo posto di Capirossi al debutto in Giappone, pole position di Capirossi a Jerez; Capirossi secondo al Mugello; infine alla sesta di campionato, al circuito di Catalunya, Capirossi vince la prima gara della MOTOGP per la Ducati.
La Ducati concluderà al secondo posto il campionato costruttori; i piloti saranno quarto e sesto.
Nel 2004 la moto viene completamente rivoluzionata ma la stagione è fallimentare; nel 2005 la Ducati sostituisce Bayliss con Checa, stipula un contratto di esclusiva con la Bridgestone e affronta una stagione interlocutoria.
Nel 2006 viene ingaggiato Gibernau al posto di Checa; il campionato incomincia sotto i migliori auspici – pole di Gibernau e vittoria di Capirossi alla prima gara a Jerez – ma poi l’incidente in Catalogna che vide coinvolti entrambi i piloti della Ducati ne stroncherà tutte le velleità; Capirossi comunque conquista il terzo posto in campionato con tre vittorie e altri 5 podi: un’occasione mancata.
Nel 2007, con il cambio della cilindrata ridotta a 800cc, arriva il trionfo per la Ducati: Stoner e la Ducati sono campioni del mondo!
Il 2008 vede un altro italiano in sella alla Ducati, Melandri. Le aspettative sono tantissime ma purtroppo i suoi risultati saranno scarsi. Invece i risultati di Stoner sono di eccellenza: 6 primi posti, 5 podi, secondo in campionato.
Il 2009 è l’anno di Hayden al posto di Melandri e della rivoluzione tecnica: la Ducati abbandona il telaio a traliccio per il telaio scatolato in fibra di carbonio ma è anche l’anno dell’introduzione del monogomma; Stoner deve fare i conti con le tante difficoltà causate da questo cambiamento. Pur avendo una stagione travagliata, anche dai suoi problemi psico/fisici, l’australiano otterrà ancora una volta risultati di rilievo: 4 primi posti, 4 podi; alla fine è terzo in campionato.
Nel 2010 Stoner ottiene 3 vittorie ma ormai i problemi della moto incominciano a manifestarsi in maniera sempre più evidente.
Nemmeno l’arrivo di Valentino Rossi nel 2011 serve a dare una sterzata allo sviluppo del progetto che, anzi, ha vissuto un periodo di involuzione tecnica, nonostante i radicali cambiamenti come il telaio in alluminio doppio trave al posto del semitelaio in carbonio.
Uno dei problemi più gravi lamentati dai piloti è il sottosterzo, che impedisce ai piloti di curvare in maniera rapida ed efficace. Anche il 2012, anno del ritorno ai 1000cc, passa alla ricerca disordinata di una soluzione senza alcun esito.
E’ a questo punto che si accende la diatriba tra i sostenitori di Stoner e quelli di Rossi. Non vi è dubbio che i risultati di Rossi non sono assolutamente confrontabili con quelli di Stoner.
La verità è che il punto di rottura, lo spartiacque tra i trionfi e la debacle tecnico/sportiva coincide con la introduzione del monogomma. La Ducati non riesce a gestire tecnicamente questo cambiamento epocale.
Indubbiamente la grande capacità di adattamento di Stoner ha “mascherato” alcuni difetti della moto, qualcuno addirittura attribuisce a questo suo talento la responsabilità di non aver adeguatamente indirizzato i tecnici nello sviluppo della moto; più verosimile il fatto che i tecnici del Reparto Corse si siano attestati testardamente sulle proprie convinzioni.
Per il 2013 arriva una prima rivoluzione: Preziosi viene esautorato e Dovizioso sostituisce Rossi, ma nulla cambia; la squadra è chiaramente allo sbando senza alcuna direzione precisa di sviluppo.
Per il 2014 altra rivoluzione, viene ingaggiato Dall’Igna con il compito principale di riorganizzare l’attività del reparto Corse; sul fronte dei piloti Crutchlow sostituisce Hayden.
Il primo tema tecnico/strategico affrontato da Dall’Igna è stata la scelta tra la configurazione FACTORY e quella OPEN.
Ricordiamo brevemente il regolamento Open:
– centralina unica con software std Magneti Marelli
– 12 motori per pilota a stagione, con possibilità di sviluppo nel corso della stagione (solo 5 con sviluppo congelato per le Factory)
– serbatoio da 24 litri contro i 20 delle Factory
– pneumatico ultrasoft dedicato alle sole Open
– un maggior numero di giornate per i test durante la stagione, con il solo limite dei 120 pneumatici a stagione per pilota.
Sulla carta, per un costruttore in difficoltà come Ducati, sembra conveniente sviluppare una Open partendo da una Factory “adattata”.
Fondamentale è la possibilità di evolvere il motore nel corso della stagione, ma non solo.
Vediamo OGGI, cosa ne pensiamo:
In prova le Factory non soffrirebbero della limitazione del carburante potendo far viaggiare le moto a “tutta potenza” non avendo il problema dei consumi; le Open però potrebbero compensare questo svantaggio con l’utilizzo di un pneumatico super soft.
In gara le Open, disponendo di un 20% di carburante in più, sarebbero avvantaggiate sia in termini di potenza che di trattabilità (ed un motore più trattabile stressa di meno la ciclistica); da non trascurare il fatto che avendo 12 motori a disposizione questi potrebbero essere “più spremuti” rispetto agli ufficiali.
La differenza tra il software evoluto di una Factory e quello standard delle Open potrebbe emergere da metà gara in poi, quando gli pneumatici cominciano a perdere efficacia ed il controllo di trazione deve massimizzarne il rendimento.
Lo scenario potrebbe essere dunque questo: Open velocissime nei primi giri, mentre le Factory potrebbero recuperare nel finale, sempre che abbiano ancora carburante sufficiente nel serbatoio.
Probabilmente sono questi i ragionamenti che deve aver fatto Dall’Igna per arrivare alla determinazione di correre in configurazione Open.
Ma perché 4 moto? E’ chiaro che se sono fondati i ragionamenti fatti finora la Ducati non può permettersi di correre il rischio che una sua Factory arrivi dietro alla sorellastra Open.
Insomma una decisione ponderata, presa dal nuovo Direttore Generale l’Ing. Luigi Dall’Igna.
La scelta Open è una grande mossa d’attacco dopo la confusione e l’immobilismo.