23 giugno 1991: l’equipaggio formato da Johnny Herbert, Volker Weidler e Bertrand Gachot vince la 24 Ore di Le Mans alla guida della Mazda 787B spinta da un motore Wankel.
La Mazda 787B vincitrice della 24 ore di LeMans del 1991
6 giugno 1992: Steve Hislop vince il Senior TT in sella alla Norton RCW588 motorizzata Wankel.
Norton RCW588 trionfatrice al Senior TT del 1992
Due lampi nella burrascosa storia del motore rotativo Wankel.
Il motore rotativo prende il nome dal suo inventore, Felix Wankel (13/08/1902 – 9/10/1988), che ebbe l’idea all’età di 17 anni e ne registrò il brevetto nel 1929.
Felix Wankel con il suo motore
Nel 1957, con il supporto della NSU, produsse il primo motore industrializzabile; immediatamente piovvero le richieste di licenza da costruttori di tutto il mondo per via dei numerosi vantaggi che, teoricamente, presentava sui motori alternativi.
Obiettivo del progettista era appunto quello di ovviare ai problemi insiti nei motori tradizionali: vibrazioni, inerzie ed attriti generati dal moto rettilineo alternato dei pistoni.
Purtroppo i difetti superarono i vantaggi decretandone il sostanziale fallimento; forse l’unico successo del Wankel è stata la fortuna economica del suo ideatore per il consistente numero di brevetti ceduti alle industrie motoristiche.
COME È FATTO, COME FUNZIONA
Il motore WANKEL è costituito da un pistone a tre lobi, il “rotore”, che ruota all’interno di uno “statore” di forma epitrocoidale, cioè una curva generata dal rotolamento di una circonferenza generatrice su di un’altra circonferenza fissa, praticamente un’ellisse dai bordi un po’ schiacciati; le luci di aspirazione e scarico e l’alloggio della candela, sono ricavate sulle pareti dello statore.
Al centro del rotore è calettata una ruota dentata a denti interni (corona rotorica) che ingrana con una ruota a denti esterni solidale allo statore (pignone statorico) e coassiale con i perni di banco dell’ albero motore. Il rotore presenta un foro centrale dotato di una grossa bronzina anulare nel quale ruota un eccentrico cilindrico calettato sull’albero motore.
Il gruppo statore/rotore
Il rapporto di demoltiplicazione tra le due ruote dentate è di 1/3, quindi ad un giro del rotore corrispondono tre giri dell’albero motore; in definitiva durante una rotazione avvengono tre cicli completi ovvero ad ogni giro dell’albero motore si compie una intera fase utile, come nel motore a 2 tempi.
La rotazione eccentrica del rotore all’interno dello statore produce con ciclicità tre camere di volume variabile dove vengono compiute in contemporanea le diverse fasi: aspirazione, compressione, espansione, scarico. Le tre camere sono separate ermeticamente dai segmenti di tenuta posizionati sui vertici del rotore.
In pratica ogni unità statore/rotore potrebbe essere equiparata ad un 3 cilindri tradizionale; sul tema della equiparazione tra motori alternativi e motori Wankel la discussione è sempre aperta.
La fase di aspirazione della miscela aria-benzina inizia quando il volume della camera in cui sfocia il condotto di aspirazione incomincia ad aumentare, creando così una depressione che richiama la miscela all’interno della camera. Proseguendo nel suo movimento, il rotore provoca una riduzione dello spazio compreso tra la sua parete e quella dello statore, cosicché la miscela viene compressa. Quando la compressione ha raggiunto il valore ottimale, scocca la scintilla dando inizio alla fase di combustione e, quindi, all’espansione dei gas; i gas esercitazione una pressione sul rotore costringendolo a proseguire nel suo moto rotatorio.
Tra i numerosi vantaggi di questo motore rispetto ad un unità tradizionale si possono annoverare: l’assenza di parti in moto alternativo; la semplicità e la leggerezza (non ci sono alberi a camme, valvole ed elementi di trasmissione del moto); minore rumorosità meccanica e basse vibrazioni ma,soprattutto, una potenza nettamente superiore a parità di cilindrata.
Gli svantaggi che ne hanno decretato la bocciatura sono, invece, la scarsa tenuta dei segmenti, il pessimo rendimento delle camere di scoppio con conseguenze negative su consumi, inquinamento, temperatura d’esercizio ed infine l’elevata complessità nella realizzazione del rotore e dello statore.
LA PRODUZIONE
Solo pochi costruttori misero in produzione, con scarso successo, modelli a motore Wankel; in campo automobilistico NSU, che con la Ro 80 conquistò il titolo di Auto dell’anno nel 1968, Citroen e Mazda; quest’ultima è stata la sola che per 40 anni ha studiato continui miglioramenti al progetto fino all’uscita di produzione della RX-8 pochi anni fa e che ha partecipato alle competizioni internazionali, conquistando la vittoria a Le Mans.
Il primo esperimento noto dell’industria motociclistica è quello della MZ; seguirono i giapponesi, ma solo la Suzuki arrivò a mettere in produzione un modello motorizzato Wankel, la RE5; poi il gruppo Sachs con la W2000 e la Van Veen con la OCR 1000; tutti fiaschi clamorosi.
Hercules W2000
Chi invece riuscì a dare un po’ di lustro al Wankel in campo motociclistico fu la NORTON.
La casa inglese tra fallimenti e resurrezioni arrivò a deliberare la RC588 da competizione e la sua versione stradale F1. La RC588 ebbe un discreto successo agonistico; con la versione raffreddata a liquido, la RCW 588, arrivò il clamoroso successo al Senior TT del ’92.